Politica

Manovra, mezzo governo si defila: «Voteremo no anche con la fiducia»

Udeur e Italia dei valori contro il ritocco delle aliquote, Pecoraro Scanio esige più fondi per l’ambiente

da Roma

Il solito tran tran di dichiarazioni politiche relative all’impostazione della Legge finanziaria ieri si è trasformato in un vero e proprio caravanserraglio a causa della disomogeneità della maggioranza. Una sorta di circo Barnum che ha complicato ulteriormente la vita del ministro Padoa-Schioppa a via XX Settembre.
Espropri. Il vero spartiacque tra falchi e colombe dell’Unione è il ripristino dell’aliquota Irpef del 43% per i redditi superiori a 70mila euro annui. Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, è stato perentorio. «Se la Finanziaria è per azzannare i presunti ricchi, vale a dire il ceto medio, noi non la votiamo neanche con il voto di fiducia», ha detto il leader dell’Udeur. «Non si può fare una telenovela della serie Anche i ricchi piangono - ha aggiunto riferendosi al manifesto propagandistico del Prc - e io mi auguro che non pianga nessuno. Chiunque pensa all’esproprio proletario della presunta categoria dei ricchi troverà la nostra ferma opposizione. Non c’è voto di fiducia che tenga». Singolare la comunione di vedute tra Udeur e Italia dei Valori su questo punto. «Il dirupo è l’aliquota al 43% per chi guadagna 3.000 euro netti al mese. Noi così non ci stiamo e una simile Finanziaria non la voteremo», ha sottolineato il capogruppo Idv alla Camera, Massimo Donadi. «Ancora ci si siede sui blocchi sociali e sulla triangolazione con sindacato e grande impresa - ha tuonato il radicale Daniele Capezzone - e ora si aggiungerebbe questa soglia dei 70mila euro che è davvero bassa: finiremmo per deprimere gravemente l’economia sottraendo al ceto medio il ristretto margine di risorse destinato ai consumi».
Verdi. Se Sparta piange, Atene non ride. Anche nell’ala sinistra della maggioranza ieri si sono registrati allarmanti scricchiolii. «L’incontro con Prodi è stato cordiale, ma mancano ancora le condizioni perché i Verdi possano votare questa Finanziaria. Bisogna investire sull’ambiente sulla scuola, sulla sanità e sulla sicurezza del territorio», ha detto il ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, al termine del vertice tra i rappresentanti dell’Unione e il premier. «Il rilancio dell’economia italiana - ha precisato Pecoraro - non passa solo per il cuneo fiscale, si riduca il cuneo e si investa davvero per la sicurezza del nostro Paese». E per rafforzare il concetto il sottosegretario all’Economia, l’ambientalista Paolo Cento, ha rilevato che «il dissenso dei Verdi è una questione da non sottovalutare e il governo deve fare uno sforzo, nelle prossime ore, per trovare una soluzione adeguata».
In ordine sparso. Il confronto è durissimo: da una parte l’ala moderata intende tutelare il cosiddetto «ceto medio» dalle stangate di Padoa-Schioppa e di Visco per non deteriorare il proprio bacino elettorale. Dall’altra la sinistra radicale non vuole pregiudicare il proprio serbatoio di voti rimpinguato grazie a velleità punitive e al pieno sostegno a nuovi programmi di spesa pubblica. Si va dal diessino Carlo Leoni che ancora ieri ha ribadito «chi più ha, più paghi» al ministro delle Infrastrutture Di Pietro che ha paragonato Padoa-Schioppa ad Ulisse che si tappa le orecchie per non ascoltare «i richiami delle sirene». Dalla Rnp Lanfranco Turci ha definito quello offerto da Mastella e Pecoraro Scanio «uno spettacolo desolante». E dall’ala sinistra della Quercia, Cesare Salvi ha invitato a «tagliare i costi inutili della politica».

Una sintesi che superi e al tempo stesso conservi queste posizioni, al momento appare un miraggio.

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