Roma Al governo non è bastato sgombrare il campo dall’articolo 18,né l’offensiva diplomatica dellavigilia con i leader della maggioranza. La manovra Salva italia è stata approvata definitivamente senza troppe sorprese, se non per una leggera riduzione dei consensi per l’esecutivo guidato da Mario Monti. I sì alla legge di conversione del decreto sono stati 257, mentre i no- Lega, Italia dei valori e Svp- si sono fermati a 41. Nessun astenuto. L’altro voto di fiducia al governo,quello per l’insediamento di Monti andò meglio con 281 sì, quindi l’esecutivo tecnico ha perso per strada 24 voti. Niente di destabilizzante, ma quello di ieri è comunque il segnale che la luna di miele si è affievolita.
Pesano i sacrifici della manovra. La versione definitiva vale 34,9 miliardi di euro per la gran parte in nuove tasse. Quasi tutta dedicata alla correzione dei saldi di bilancio: 21,4 miliardi, quasi il doppio rispetto alle misure per lo sviluppo che valgono 13,4 miliardi di euro.
I capitoli più importanti e anche quelli politicamente meno digeribili, sono le pensioni e la casa. La previdenza cambia radicalmente.
Dopo un brevissimo periodo di transizione (introdotto nel corso dell’Iter parlamentare) scompaiono le anzianità, sostituite dalle pensioni anticipate, che si ottengono con il solo requisito contributivo di 42 anni e un mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne. Prevista una penalizzazione per chi si ritira dal lavoro con questo regime, prima dei 62 anni. Intervento strutturale, ma iniquo secondo i sindacati, uniti dopo anni nell’opposizione alla manovra. Sulle casa, filo da torcere dal ritorno dell’Ici sulla prima casa, sotto forma di una sperimentazione dell’Imu. Sarà dello 0,4 per cento con una detrazione sui primi 200 euro, che aumenta di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a 26 anni, fino a un massimo di 400 euro. La nuova imposta si somma alla rivalutazione delle rendite catastali del 60%. Misura che colpirà anche i redditi più bassi, compensata, dal punto di vista politico, dalla stretta sul lusso (automobili e barche), che è stata comunque attenuata.
A suscitare le prime perplessità nella maggioranza è soprattutto quello che manca. Le liberalizzazioni e le misure per lo sviluppo. Nella manovra ce ne sono due. Lo sconto Irap per le imprese che assumono a tempo indeterminato giovani sotto i 35 anni e donne. Poi l’Ace, il regime fiscale che favorisce la patrimonializzazione delle imprese.
Poco, anche a giudizio del governo. Il premier Mario Monti ha per questo specificato che con l’approvazione della manovra inizia subito la «fase due», cioè le riforme. Non quella del lavoro, o perlomeno non partendo dall’articolo 18 che ieri il segretario della Cgil Susanna Camusso ha confermato essere un «capitolo archiviato ».
La fase due non inizierà con il decreto «milleproroghe» che il consiglio dei ministri approverà questa mattina. Erano attese correzione su pensioni, Ici, ma Monti ha raffreddato gli entusiasmi confermando ai tecnici, che il decreto non sarà modificato. Tra le misure emerse ieri, l’allungamento di un anno del regime fiscale agevolato per le sale bingo. Niente che modifichi la manovra.
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