Mapplethorpe usa le buone maniere

Nei suoi scatti la costante ricerca di un fascino plastico ed erotico

Mapplethorpe usa le buone maniere

Quale dato può essere condiviso dal canone scultoreo classico, atemporale e astratto, con l’immediatezza e la modalità sensitiva che connota lo scatto fotografico, momentaneo e caduco? La fotografia, come affermava Barthes, sospende l’attimo vitale, lo priva della storia e lo traspone in un’aura senza tempo mentre, dichiarava Lessing nel Laocoonte, era nel dinamismo dei sensi che la scultura si eleggeva quale luogo privilegiato di espressione.
Mapplethorpe (1946-1989) ponendo in relazione antico e moderno, moderno e contemporaneo, è un originale portavoce di quella temperie, come comprova la mostra allestita al Guggenheim Museum di New York - «Robert Mapplethorpe and the Classical Tradition: Photographs and Mannerism Print» a cura di Germano Celant e Arkady Ippolitov (fino al 24 agosto) - che confronta la speculare e continua corrispondenza fra gli studi di storia dell’arte e di disegno, che l’autore perseguì agli esordi, e la ricerca in ambito fotografico. Le foto dei modelli, comparate a stampe e sculture del Manierismo dalla similare iconografia, suggeriscono la ricerca di una bellezza plastica ed erotica. Il corpo è prestante ed efficiente, esibisce la propria completezza gareggiando con la perfezione degli antichi. Le incisioni di Jacob Matham, Jan Saenredam e Hendrick Goltzius, nonché le prove di Michelangelo e Canova risultano infatti rinnovate dagli scatti di Mapplethorpe.
L’intento risulta evidente in opere come Thomas and Dovanna del 1986, dove l’ampio arco del braccio descritto dalla ballerina tratteggia la stessa posizione assunta dalla donna de Il ratto delle Sabine nell’incisione di Jan Harmensz. Diverso il registro di Ken, Lydia and Tyler, del 1985, posto in relazione con la cinquecentesca incisione de Le Grazie di Jacob Matham da Hendrick Goltzius.

Seppur venga ribadita la stessa sensualità delle pose e la medesima politezza delle linee, ciò che traspare è un’idea classica corrotta dove l’immaginario legato alla leggiadria delle muse viene stravolto in un virile fascio tensivo.

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