Antonio Ruzzo
Cè un momento in maratona, in genere dopo i trenta, trentacinque chilometri, in cui ci si «pente». Di essersi allenati poco, di non aver bevuto a sufficienza, di non aver rispettato i tempi in tabella o di aver usato quelle scarpe forse un po troppo scariche...Ma soprattutto cè sempre un momento in cui ci si pente di non essersi messi a dieta.
Non si scappa, per chi corre i chili di troppo sono un problema. Più si pesa meno si «va» e, anche se non è scientificamente provato, la sensazione e che la fatica aumenti proporzionalmente alla «stazza». Un po tutti gli amatori sanno cosa significhi nel gergo delle gare portarsi appresso la «roulotte», cioè quel misto di peso-fatica-dolore che diventa via via più ingombrante col passare dei chilometri. Lo sa chi è «tirato», figurarsi chi ha un po di pancetta. Allora che fare, si lascia perdere?
«No di certo - spiega Marco Rosa, medico sportivo del centro Marathon di Brescia che ha curato i running days di preparazione alla Milano city marathon -. Se si seguono alcune precauzioni, se si ha un po di pazienza e se cè costanza negli allenamenti la corsa anche di lunga durata non è preclusa a nessuno. Anzi».
Andiamo per gradi. Innanzitutto per una persona che si avvicina alla corsa bisogna capire cosa significa essere sovrappeso. In questo caso il fai-da-te non funziona. «Per stabilirlo esiste un parametro medico calcolato in base al rapporto peso-altezza e serve un esame plicometrico - spiega il dottor Rosa -. Ciò ci permette di valutare lindice di massa corporea di una persona e le percentuali di massa magra del suo corpo. Dopodiché si può cominciare a decidere quale strategia utilizzare per avvicinarlo alla corsa». Qualche esempio. La massa grassa viene divisa in zone. Nei maratoneti professionisti deve essere inferiore all8 per cento; nei calciatori tra l8 e il 12 per cento; nelle persone «normalmente» attive la percentuale va dal 13 al 15; nei sedentari tra il 13 e il 18 per cento. Chi ha una percentuale di massa grassa che supera il 18 per cento rientra nella categoria dei «savrappeso».
Detto questo se uno si è «fissato» che vuol correre una maratona cosa deve fare per non farsi troppo male? «Innanzitutto cominciare a perdere peso - spiega Marco Rosa -. Le problematiche che possono sorgere altrimenti sono legate ai sovraccarichi funzionali cioè alle patologie del ginocchio e della caviglia. Cè poi una complicazione per così dire psicologica: chi si fa male si scoraggia e smette di correre». Quindi bisogna cominciare piano. «Si, certo - continua Rosa - allinizio la prima indicazione è la gradualità: è importantissimo alternare nelle prime uscite corsa e camminata. Spesso invece chi si avvicina a questo sport utilizza uno schema mentale errato cercando di correre forte il più a lungo possibile. Così si arriva presto ad un punto di rottura dove non cè più miglioramento ma soprattutto non si dimagrisce perché si utilizza come benzina il glicoceno muscolare ( gli zuccheri) e non i grassi».
Quindi serve metodo. Cioè una preparazione mirata costruita sulle caratteristiche di ognuno. «Solitamente - spiega Rosa - dopo un test in laboratorio noi dividiamo lallenamento in tre zone: quella lipidica in cui il combustibile usato sono i grassi; quella aerobica in cui si utilizzano grassi e carboidrati e quella anaerobica che serve a migliorare la qualità dellapparato cardio-circolatorio. Tenendo docchio con un cardio la propria frequenza cardiaca un atleta si deve muovere su queste tre zone di lavoro». «Per chi è sovrappeso lobbiettivo primario è il consumo dei grassi - continua Rosa - quindi il 40-50 per cento della preparazione si deve svolgere nella fase lipidica; il 40 in quella aerobica e il 10-20 per cento in quella anaerobica. Per un amatore evoluto invece si ha un allenamento del 60 per cento in zona aerobica; del 30 per cento in zona anaerobica e del 20 in zona lipidica. Ovviamente per i professionisti le percentuali cambiano ancora: il 40 per cento dellallenamento si svolge in zona anaerobica; il 50 in zona aerobica e solo il 10 in zona lipidica».
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