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UNA MAREA DI PROFUGHI

Il governo si prepara a contrastare un esodo biblico. La Russa: "Un comitato permanente di emergenza". E l'Europa contro gli sbarchi promette aiuti. Ma a Lampedusa ci sono soltanto tre funzionari. La lite con Bossi. E il ministro degli Esteri: "Basta violenze sui manifestanti" 

UNA MAREA DI PROFUGHI

Roma - Il più grande esodo via mare degli ultimi vent’anni potrebbe scattare a brevissimo e far sbarcare in Italia dalle coste nordafricane fino a 300mila immigrati. È lo scenario estremo delineato nel vertice sull’emergenza Libia convocato ieri sera da Silvio Berlusconi a palazzo Chigi con i ministri dell’Interno Maroni, degli esteri Frattini e della Difesa La Russa. E’ questa adesso la prima emergenza, anche se si lavora su altri due fronti: forniture di petrolio a rischio e piano di evacuazione per i connazionali, in particolare dalla regione meno accessibile della Cirenaica. Da ieri è costituito presso il governo un comitato permanente sulla crisi, che si occuperà soprattutto del controllo dei flussi di immigrati. «Siamo molto preoccupati. Il presidente del Consiglio è molto preoccupato. Il comitato permanente permetterà di essere «pronti ad ogni tipo di situazione, che certamente non è tranquillizzante». Berlusconi ieri ha chiamato personalmente Muammar Gheddafi, la linea del governo è precisa: «L’Italia è impegnata affinché cessino le violenze in Libia, con una moral suasion» e nella tutela massima «dei nostri connazionali», ha chiarito La Russa in tarda serata, a conclusione del vertice.

Tutti i ministeri a Roma devono comunque lavorare adesso sull’emergenza, al di là dell’impegno della diplomazia: la stima fatta ieri parla di possibili sbarchi nel numero di «200-300mila persone». Non è un caso se La Russa e Frattini, in arrivo il primo da una visita ufficiale negli Emirati Arabi, il secondo dal Cairo, non abbiano avuto nemmeno tempo di rispondere a un’opposizione concentrata sulle accuse di «inadeguatezza». Dall’unità di crisi della Farnesina parlano di un lavoro «molto difficile».

In un Paese senza più regole né autorità, si teme che i moltissimi stranieri che alloggiano nei precari centri per clandestini delle coste libiche possano partire alla volta dell’Italia. Cifre ufficiose parlano di oltre un milione di potenziali profughi, tra libici e innesti dall’Africa subsahariana. Il vertice interministeriale è stato già operativo: ogni ministro si è presentato con una cartellina sotto il braccio. Sono state individuate le prime aree per l’accoglienza. Ma la situazione non è sostenibile dalla sola Italia, e già da oggi Maroni presiederà una riunione a sei, a Roma, con i ministri omologhi di Cipro, Francia, Grecia, Malta e Spagna. «Se arrivano li mandiamo in Francia e in Europa», ha chiarito il leader della Lega Umberto Bossi. Comunque «aspettiamo ordini dall’Unione Europea», ha aggiunto. La vera partita infatti si giocherà adesso a Bruxelles. L’esodo potrebbe scatenare un’apocalisse umanitaria, oltre che risultare insostenibile da gestire nelle sole strutture italiane.

Il Viminale ha incaricato il ministero della Difesa di trovare una serie di aree adatte. «Ne abbiamo già individuate tre - ha spiegato La Russa - aree della Difesa dismesse, con terreni e fabbricati». L’impiego di militari potrebbe essere reso possibile per la «vigilanza di alcuni nuovi centri, come Mineo, nel catanese». Il governatore siciliano Raffaele Lombardo già si è impuntato contro questa soluzione. L’alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) per ora si limita a chiedere che l’Italia «non respinga i rifugiati». Ma se saranno trecentomila? Nella giornata di ieri è salpato da Taranto il cacciatorpediniere Mimbelli in direzione dell’area sud del Mediterraneo con un equipaggio di quattrocento uomini.

Sarà la piattaforma area a presidio delle acque internazionali.

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