nostro inviato a Vicenza
Per fortuna li chiamano moderati, quelli della Margherita. A Vicenza sono furibondi per essere stati ignorati dal governo e dal loro stesso partito. Nei mesi scorsi nemmeno una telefonatina per sapere cosa pensasse la dirigenza locale circa la nuova base militare americana sul suolo berico; adesso si scopre che tutti - dal numero uno Francesco Rutelli al ministro Arturo Parisi, da Pierluigi Castagnetti fino all'ex ministro (vicentino) Tiziano Treu - sono pancia a terra in difesa dell'insediamento all'aeroporto Dal Molin dei parà a stelle e strisce. Così l'altra sera i 15 membri del direttivo cittadino hanno deciso di sospendersi dal partito lanciando accuse durissime ai vertici nazionali. E minacciando di non partecipare al congresso che dovrebbe decidere la confluenza nel Partito democratico. Un gesto di sfida clamoroso, visto che in Veneto si è molto vicini a formare un gruppo unico Ds-Margherita in Regione.
Il coordinatore provinciale Giuseppe Doppio, ex senatore Dc, sintetizza il suo stato d'animo: «Siamo arrabbiati e delusi. Ci sentiamo imbrogliati da un ministro che è del nostro stesso colore politico». Il documento di autosospensione è durissimo con Arturo Parisi: «Censuriamo il comportamento del ministro della Difesa, le cui affermazioni in Parlamento sono state palesemente contraddette da Prodi». Nel direttivo provinciale siedono anche due consiglieri regionali, Giuseppe Berlato Sella e Achille Variati, ex sindaco dc di Vicenza, il quale appena una settimana fa è stato indicato come futuro numero uno del gruppo unico ulivista in Consiglio regionale. Mercoledì l'assemblea provinciale della Margherita potrebbe decidere forme di protesta ancora più clamorose.
«L'intervento di Prodi è stato tardivo, contraddittorio e non coerente con il programma elettorale dell'Ulivo che delinea un nuovo modello di difesa - spiega Variati -. Queste cose il premier avrebbe dovuto dirle quattro o cinque mesi fa. Rutelli era venuto a Vicenza lasciando intendere che comprendeva i problemi urbanistici della città e che era schierato per il no alla base; in Parlamento lui e Parisi, rispondendo a interrogazioni, avevano detto cose diverse. Ma c'è anche una questione di metodo. Il governo ha deciso senza degnarsi di sentire il partito di Vicenza. La dirigenza locale è stata dimenticata, come se non esistessimo. Un brutto segnale». Ce n'è anche per il sottosegretario Enrico Letta, pure lui della Margherita: «Ha detto che il governo vigilerà sui contraccolpi urbanistici e sul rispetto del piano regolatore? È una cosa che non sta né in cielo né in terra: il Prg prevede costruzioni zero in quell'area perché è area militare; dunque si procederà in deroga. Sono convinto che qualcuno del governo non sappia neppure dove sta il Dal Molin rispetto alla città. Decidono senza mettere il naso fuori dalla stanze dei ministeri».
«Non sono mai stato comunista, non sono antiamericano, sono un moderato e la mia storia lo dimostra - aggiunge l'ex sindaco -; però oggi in nessuna parte del mondo libero si costruisce una base militare operativa, così come una grande industria, dentro una città, a ridosso dei quartieri. E mi oppongo all'idea che quando si dice no a qualcosa si venga automaticamente designati come estremisti. Questa non è una questione ideologica ma sociale e urbanistica, causata da una cattiva amministrazione comunale che ha impedito ai cittadini di esprimersi. L'atteggiamento ottuso del Comune si è fuso con la posizione contraddittoria e pilatesca del governo ed ecco il patatrac».
L'allontanamento dal partito è un bacillo contagioso.
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