Da Marianna a Michela, l’ultima figurina

Il meccanismo è quello dei fringuelli di Darwin. Quelli delle Galapagos, che spiegano il concetto di evoluzione. Diverse condizioni, diverse esigenze, diversi becchi. Frutta fresca, semi, insetti: becco piatto, becco incrociato, becco a punta. Lo stesso capita nel Pd con le fringuelle e i leader. C’è Veltroni? Prolifera la precaria di buona famiglia. C’è la transizione? La spunta l’avvocatessa naif. C’è Franceschini? Ecco la studentessa vicina alla gggente.
D’altronde al giorno d’oggi senza una fringuella te la canti e te la suoni. L’ossessione per il giovanilismo, l’assuefazione al fresco aroma di femmina: una bandierina di bell’aspetto ci vuole. E pian piano si crea l’immaginetta perfetta: dammi più carisma, dammi meno raccomandazioni, dammi più vigore, dammi meno acidità. Ci siamo: l’ultimo stadio della candidata-immagine del Pd ha il volto elegante e perlato di Michela Di Biase, 28 anni vissuti nell’Urbe. È lei, studentessa di storia dell’arte e capogruppo democratica nel VII municipio romano, che giovedì ha introdotto il discorso di Dario Franceschini. Camicetta bianca, capelli ordinati, orecchini da Vermeer. E fin qui, nulla di nuovo. Ma l’ultima evoluzione dei Pokemon-democrats doveva avere un’arma segreta, l’equivalente dell’alabarda spaziale. E Michela ha dalla sua l’esperienza di quartiere, le battaglie per la «potatura degli alberi» al Prenestino. È una figura nuova, questa giovane che parla con accento funaresco di demogratisci e scirgoli e che le maniche della camicetta se le rimbocca. Qualcuno dice che il Pd deve recuperare la base? Taaac! Ecco l’aggancio cor popolino.
Nell’almanacco delle figurine del Pd, in poco più di un anno, si è scivolati da Marianna Madia e Pina Picierno fino a Michela Di Biase, passando per Debora Serracchiani. Di volta in volta osannate come i nuovi acquisti dell’Inter e di volta in volta relegate in panchina come i nuovi acquisti del Milan. Epperò si continua a sfornarne, perché le istruzioni per far stare in piedi un bel Partito democratico fai-da-te sono chiare: 1) prendere una giovane carina; 2) inocularle il vaccino anti-velina (cosicché nessuno venga poi a dire che non si capisce perché le carine a destra sono corpivendole fallite e a sinistra sono Giovanne D’Arco pre-rogo); 3) lanciarle come nuove lavatrici sul mercato; 4) aspettare che si autodistruggano, tanto sono in garanzia.
La prima fu Marianna Madia, angelicata quanto basta e ammanicata anche un po’ più di quanto basta. Veltroni ci aveva puntato tutto il piatto. «All-in». Capolista nel Lazio alle Politiche, più aspettative su di lei che sulla Madonna di Fatima. Lei, ex del figlio di Napolitano, neolaureata in economia, già impegnata tra la segreteria di Enrico Letta e Rai Educational, era l’anti-politica rinfrescante. Meno pretenziosa di un’acqua-e-menta. Poi, qualcuno la perse di vista e lei se ne uscì con un ingenuo «metto a disposizione la mia straordinaria inesperienza». Fu rottamata senza passare dal servizio assistenza e ora annaspa in un «ma anchismo» da «tutti amici, tutti contigui».
Portata in palmo di mano da Veltroni era anche Pina Picierno, ex ministro ombra della Gioventù. Visetto furbo e vispo, verve speziata, poteva fare bene. Ma il disarcionamento di Walter fu galeotto e Pina ha fatto la fine dei cd: funziona ancora, ma per qualcuno è tempo di scegliere qualcosa di meglio.
E il meglio sarebbe Serracchiani Debora, corrispettivo sbarbato di Massimo Cacciari (ma sfortunatamente per lei solo nel fatto che dimostra un paio di decenni in meno della sua età). Sospinta da quell’instancabile Pigmalione che è Veltroni, sbocciò ad un’assemblea del Pd, quando punse la dirigenza. Incoronata. Santa subito. Redìmici tutti. L’exploit alle Europee fu il certificato di gloria e Franceschini la cooptò in fretta e furia. Il tempo di una consacrazione e subito lei ammise di scegliere Dario perché «più simpatico» abbaiando contro D’Alema «uomo di apparato». Fu sbranata e non hanno ancora finito di banchettare con i suoi resti politici.
Ora tocca a Michela, fringuella der Tuscolano. Una che parla con competenza di scuole e servizi e che spera di non fare la fine di Debora.

Debora che oggi si candida alla segreteria del Friuli e che ieri portava i libri di Queneau alle assemblee. Debora che ora - come Zazie, il personaggio del suo autore preferito - può solo dire: «Cos’ho fatto negli ultimi giorni? Sono invecchiata».

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