Mariolina Venezia racconta la vita segreta dell’Esquilino

L’Esquilino è una rivelazione, un’epifania. La prima volta è successo vent’anni fa. È una mattina di mezzo sole del 1991. A Piazza Vittorio cade il cornicione di un palazzo. È una notizia di cronaca cittadina. Basta una breve. Solo che ti chiedi se sia normale che dal cielo, dai tetti, cadano pietre. Un geometra ti racconta la storia di quei palazzoni umbertini. Sono stati costruiti dopo il trasferimento della capitale a Roma. Servono ai ministeriali sabaudi, che scendono da Torino e da Firenze. Sono stati costruiti in fretta, con una tecnica a «sacco», i muri si riempiono con gli scarti e i frammenti di laterizi e mattoni. Non sono solidi. Sotto ci passa la metropolitana. I pavimenti ballano ogni sette minuti e qualcosa cade. La notizia è altrove. È intorno. Sono i negozi di videocassette pakistani, gli empori indiani, i fast food cinesi, gli alveari africani che si allargano fino alla stazione Termini. Fu una rivelazione. Roma approdo di tutte le genti. Roma multietnica.
Adesso ci torni seguendo le tracce di Mariolina Venezia e del suo racconto. Non si può non chiamare che così: Rivelazione all’Esquilino (Nottetempo, pagg. 60, euro 6). È lei che ti apre le porte di quelle case, ti svela gli interni, i negozi, l’odore del cibo e la vita quotidiana degli «invisibili». Ti fa parlare con Rosaria e Delfina, perché questa è la loro storia. Rosaria è cresciuta sulla Tiburtina, luogo di un altro approdo, quello del padre siciliano, e sta qui con l’illusione che vedendo la vita un po’ più vicina al Colosseo le cose ti sembrano più belle. Rosaria si veste come le ragazze della tv. Ma non è una di loro. «Ho fatto l’indossatrice, la cubista, la cantante rock, l’organizzatrice di eventi, la guardarobiera e anche la cameriera, ma solo in locali alla moda». È separata. Ha un figlio in bilico tra lei e l’ex marito. Rosaria tira a campare. Delfina è figlia di un ricco architetto. Non va d’accordo con il padre. È, o fa, l’artista. Vive lì perché è un bel posto per sentirsi artista. Rosaria conosce i volti e le storie dell’Esquilino. Delfina no. È troppo artista per perderci tempo.
Mariolina Venezia non commenta. Ti fa solo vedere. È onesto che sia tu a farti un’opinione. Certo, lei sceglie l’angolo da cui farti entrare. Poi sta a te conoscere. È la stessa cosa che accadde con Grottole, con Mille anni che sono qui. Quello che vedi sa di vero. E c’è una cosa che ti sorprende, la tua nuova rivelazione.

Se cerchi l’Italia degli anni ’50, quella della ricostruzione, le scommesse dei piccoli commercianti, di chi vendeva gli stracci nei mercati o apriva un’officina da meccanico, quella del lavoro senza orari, della fatica senza scuse, quella dei piccoli paesi agricoli in cerca di modernità, è qui che la trovi. La trovi all’Esquilino, negli sguardi di un ceto conservatore, per morale e tradizione, che scommette tutto sul futuro. La trovi da Singh, dove la cucina è veloce.

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