Maroni accoglie i profughi ma ora le Regioni rosse decidono di scaricarli

Sul capitolo immigrati è andata in scena la seconda puntata del mondo alla rovescia. La Lega e Bossi aprono le braccia agli immigrati? Vendola, Errani, Chiamparino e altri accendono il semaforo. Rosso ovviamente

Maroni accoglie i profughi 
ma ora le Regioni rosse  
decidono di scaricarli

Fosse accaduto il contrario, apriti cielo. E, soprattutto, chiudi­ti dialogo. Se, in prima fila contro le tendopoli che dovrebbero ospi­tare gli immigrati in fuga dal Nor­dafrica, anziché Vendola e Chiamparino ci fossero Tosi e Co­ta, provate a pensare che cosa sa­rebbe successo. Dagli ai razzisti. Ecco i soliti leghisti xenofobi. Ec­co i liberali egoisti, incapaci di so­lidarietà. Invece no, viviamo in pieno ribaltone. Politico, cultura­le e sociale. Una situazione inedi­ta, un capovolgimento imprevi­sto. Come se Travaglio criticasse un magistrato. Se Fabrizio Coro­na rispettasse i limiti di velocità.

Se Fini tenesse fede alla parola da­ta. «Nessuno può tirarsi fuori da questa emergenza», è sbottato l’altro giorno Roberto Maroni ( nella foto ) di fronte alle rigidezze delle Regioni. «Gli atteggiamenti di rifiuto che sorgono ovunque si individui un luogo per i clandesti­ni non possono essere giustifica­ti ». Niente da fare. I più contrari all’accoglienza di tunisini e libici sono sindaci e governatori demo­cratici. O anche quelli come For­migoni dai quali, per il loro retro­terra culturale, ti aspetteresti un pizzico di magnanimità in più. Tutto sbagliato, tutto capovolto. La Lega e Bossi aprono le braccia agli immigrati? Vendola accende il semaforo. Rosso, ovviamente. Del resto, è già da qualche setti­mana che i punti cardinali della nostra politichetta hanno perso la bussola. Prendiamo la crisi con la Libia.

A sinistra c’erano una vol­ta pacifismo e bandiere arcobale­no. Ora i guerrafondai sono nel Pd. Invece di esibire la testa orna­ta dall’ulivo della pace, Veltroni e Franceschini marciano impettiti col giubbetto antiproiettile. Nel centrodestra invece, dalla Lega al premier, c’è un’aria vagamente amletica. Strisciano dubbi e per­plessità: siamo sicuri che le ma­niere forti siano le più efficaci per disinnescare Gheddafi? Non è meglio seguire la strada della di­plomazia? Ieri, sul capito­lo immigrati, è andata in scena la seconda pun­tata del mondo alla rovescia. Do­po la riunione della «cabina di regia» tra rappre­sentanti del go­verno e degli en­ti locali, si è capi­to subito che il film era venuto male. Anzi, che forse bisognerà riscrivere la sce­neggiatura da ca­po (ci si rivede martedì, dopo la missione in Tunisia di Berlusco­ni).

E appena usciti dal set, perso­naggi e interpreti hanno motiva­to i loro niet . Vasco Errani, capo della Conferenza delle Regioni e numero uno dell’Emilia Roma­gna: «No a situazioni di ingestibili­t­à per quanto riguarda l’emergen­za umanitaria che stiamo affron­tando ». Vendola: «È necessario evitare la concentrazione degli immigrati in pochi luoghi come ad esempio le tendopoli». Chiam­parino: «Bisogna capire se si trat­ta di persone che vengono consi­derate rifugiati oppure clandesti­ni ». Laura Boldrini (portavoce dell’Onu per i rifugiati), solita­mente buonista: «Esistono i mi­granti irregolari e i richiedenti asi­lo. Occorre fare chiarezza anche nel linguaggio». Insomma, un groviglio di condizioni. Di se e di ma che non t’aspetti, proprio dai teorici della tolleranza, dagli ideo­­logi della fraternité . Quando la cri­si è vicina, anzi è in casa, devi mo­strare le carte.

E se bluffavi è un guaio. Sembra sia proprio questo il caso. Perché non puoi ripetere ai quattro venti di amare l’umanità intera e metterti a fare calcoli quan­d­o c’è da fare qual­cosa di concreto per un suo rappre­sentante che è qui davanti. Eppure, il piano approntato dal go­verno sembrava chiaro. Evacua­re Lampedusa, trasferendo i mi­granti nelle tendopoli distribuite sul territorio nazionale.

Da lì, una volta proceduto all’identificazio­ne, effettuare i rimpatri dei clan­destini e accogliere profughi e ri­chiedenti asilo. Tutto bene? Nos­signore. Presto si vota in tante città im­portanti. Chissà come reagirebbe­ro gli elettori. Così l’emergenza umanitaria può attendere, ripas­si dopo le elezioni.

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