Martino: «La missione Unifil è stata un errore chiarissimo»

«I nostri soldati se ne debbono andare in modo elegante, senza scappare, perché la frittata ormai è fatta». «Il governo Prodi non ha capito il pericolo per la sopravvivenza di Israele»

Mario Sechi

da Roma

Onorevole Antonio Martino, il Libano è sull’orlo della guerra civile e la missione Unifil annaspa. Che cosa pensa?
«La prima cosa che mi viene in mente è che sfortunatamente le nostre preoccupazioni non erano infondate, e cioè che la missione Unifil in Libano non è una missione chiara e ha fatto infilare i nostri soldati in una missione che può essere molto rischiosa. Non si capisce che cosa ci stiano a fare perché il peacekeeping ha come precondizione necessaria che ci sia un accordo politico fra le parti e che le parti chiedano una presenza militare per farlo rispettare. In Libano non c'è un accordo politico fra le parti e questa è una forza di interposizione che si è andata a cacciare in una situazione ingarbugliatissima».
C’è un piano per destabilizzare il Libano?
«Hezbollah vuol fare cadere il governo Sinora, la Siria si rifiuta di mollare il controllo che ha sul libano, le forze di Unifil invece di impedire il traffico di armi che attraverso la frontiera con la Siria va a riarmare Hezbollah, si preoccupano di andare a guardare dove vanno gli aerei israeliani».
Un ministro cristiano ucciso, Nasrallah che agita la piazza. Il Libano è la miccia della prossima guerra?
«Hezbollah non ha affatto rinunciato al suo proposito di distruggere lo Stato di Israele, e se ci provasse troverebbe pane per i suoi denti, perché gli israeliani risponderebbero. A questo punto, Unifil si troverebbe tra due fuochi. Mi dice che cosa ci sta a fare in Libano la forza militare Onu? Quando ho manifestato queste perplessità, Fassino se n’è avuto quasi a male, come se io prendessi le distanze da questa missione perché non l’avevo decisa io. Non è così, il problema è che questa missione non ha una missione.
Qual è stato il peccato originale del governo Prodi sulla guerra Israelo-Libanese?
«È stato quello di non capire che c’è un pericolo mortale per la sopravvivenza di Israele e che - come mi ha sempre ripetuto il ministro della Difesa israeliano - Israele non può più permettersi un errore perché sarebbe l’ultimo».
Il ministro degli Esteri D’Alema ora ha paura di una svolta isolazionista negli Stati Uniti.
«Credo che il nostro beneamato ministro degli Esteri stia collezionando gaffe in misura che non ha eguali nella storia italiana recente o passata. Mentre Ahmadinejad dichiara che vuole la distruzione dello Stato di Israele, mentre si rifiuta di rispettare la risoluzione Onu che gli impone di rinunciare al programma nucleare, D’Alema va a Teheran e proclama (sic!) inalienabile il diritto dell’Iran al nucleare. Inalienabile! Che cosa avremmo pensato di qualcuno che negli anni Trenta fosse andato nella Germania nazista a proclamare che Hitler aveva il diritto inalienabile alle camere a gas? Non abbiamo mai avuto un ministro degli Esteri così impresentabile».
D’Alema cerca la sponda della sinistra radicale?
«Lo sappiamo tutti, è un percorso che va avanti da tempo. Cercano in tutti i modi di compiacere la sinistra più estrema. E per compiacerla non si fanno scrupolo di giocare con argomenti che sono assai complicati, niente affatto semplici, tra l’altro giocando sulla sicurezza di uno Stato come Israele che è fortemente a rischio».
Da ex ministro della Difesa pensa sia ancora possibile dare una missione chiara ai nostri soldati in Libano?
«Credo che i nostri soldati se ne debbano andare dal Libano. In modo elegante, senza scappare, perché la frittata ormai è fatta e non possono certo andarsene dicendo abbiamo sbagliato. Solo che è stato un errore chiarissimo mandarceli. E questo qualsiasi persona sensata dovrebbe saperlo».
Gaza è nel caos, due italiani rapiti. D’Alema sogna una forza d’interposizione anche là.
«A quanto pare, il nostro ineffabile ministro degli Esteri è convinto che i militari italiani debbano fare interposizione ovunque, e così debbano esporsi a fare da bersaglio a forze contrapposte».
È già finita l’illusione europea di poter fare a meno degli Stati Uniti?
«L’Europa mi fa molta rabbia, perché, come ha scritto recentemente il Wall Street Journal: questo Continente è disposto a combattere per qualcosa che non sia un sussidio di disoccupazione? Il colloquio, il negoziato, Prodi ce l’ha ammannito in tutte le salse, ma saremo in grado prima o poi di assumerci le responsabilità che competono a un’area geografica che è più ricca degli Stati Uniti? Supponiamo che sia dovere degli Stati Uniti provvedere alla nostra sicurezza, salvo poi biasimare l’interventismo americano. Le sembra sensato?».
Cosa si attende dal vertice Nato di Riga?
«Questo governo non ha simpatia per la Nato. Ha scelto posizioni radicalmente antiamericane, ma senza la Nato chi provvede alla difesa dell’Italia?».
L’assassinio di Gemayel avviene nel giorno in cui l’Onu discute il rapporto sull’omicidio Hariri, rapporto che chiama in causa la Siria. Coincidenza?
«Questo non lo so, gli affari di quella zona sono complicati.

Un fatto è certo: la Siria rifiuta di farsi addossare la responsabilità di quell’omicidio, che a molti sembra evidente».
Crede che l’opposizione possa contribuire a riequilibrare la politica estera del governo?
«Mentre è possibile da alcune uova fare la frittata, è impossibile da una frittata fare le uova».

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