Maschera licenziata alla Scala. "No accordo, sia reintegrata"

La ragazza gridò "Palestina libera" all'arrivo della premier Meloni. Ieri ha rifiutato la conciliazione

Maschera licenziata alla Scala. "No accordo, sia reintegrata"
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È stato subito rinviato il processo davanti al Tribunale del lavoro sul caso della giovane maschera licenziata dal Teatro alla Scala dopo aver gridato "Palestina Libera" all'arrivo di Giorgia Meloni in sala. Ieri alla prima udienza c'è stato un tentativo di conciliazione, con l'offerta di un indennizzo economico. La lavoratrice e i sindacati di base che la affiancano però hanno rifiutato la proposta e hanno ribadito la richiesta di reintegro nel posto di lavoro e di revoca del licenziamento. In caso contrario, aggiungono i Cub, sarà il giudice a decidere la controversia.

I fatti sono del 4 maggio scorso, durante l'appuntamento privato per l'Asian Development Bank, cui partecipavano la premier e anche ospiti israeliani. In quell'occasione la maschera, una studentessa universitaria di 24 anni, ha messo in atto la protesta a favore di Gaza. Pochi giorni dopo è arrivato il licenziamento deciso dalla direzione del teatro, per "non aver rispettato gli obblighi relativi alla mansione", stabiliti dal regolamento, in particolare per aver abbandonato il posto assegnato. Ora il caso è approdato in Tribunale.

Ieri mattina davanti al Palazzo di giustizia la Confederazione unitaria di base-Informazione e spettacolo di Milano e provincia ha organizzato un presidio in sostegno alla 24enne. Hanno partecipato una settantina di persone, la manifestazione si è conclusa entro le 10. "Chiediamo alla Scala, e in particolare al presidente del cda Giuseppe Sala, di reintegrare la lavoratrice e riconoscerle i danni subiti afferma il sindacato . Gridare Palestina Libera non è reato: nessuno deve essere licenziato". Il sindacato definisce il licenziamento "politico" e un provvedimento "sproporzionato e lesivo" e lo attribuisce al sovrintendente Fortunato Ortombina. "Il gesto della lavoratrice - hanno spiegato al presidio - può portare al massimo a un provvedimento disciplinare, su questo si può discutere. Il licenziamento non è certo proporzionato".

La protesta in appoggio alla lavoratrice licenziata si è inevitabilmente trasformata in una manifestazione pro Pal, con bandiere e striscioni.

Nei giorni successivi al licenziamento della studentessa anche il consigliere comunale Carlo Monguzzi aveva dato il proprio sostegno: "Siamo tornati al Medioevo, un licenziamento per motivi politici non si vedeva da decine di anni".

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