Gianni Pennacchi
da Roma
Andiamo insieme, no vieni tu con me, molla del tutto quei due, prima dimettiti tu. Tra Pier Ferdinando Casini e Clemente Mastella va in onda una farsa dei Legnanesi, siamo al «vai avanti tu che a me vien da piangere». Ma la vicenda appassiona e coinvolge ogni epigono dello Scudo crociato, son tutti lì dalluno e dallaltro polo dir la propria, dibattono e discutono sulla resurrezione del Grande Centro. Il tempo è dalla loro, poiché la data per concretizzar qualcosa è quella delle elezioni europee, nel 2009. Dunque il tormentone è assicurato, pur se ora siamo già allo stallo. Secondo Casini infatti, affinché Udc e Udeur possano fare un tratto di strada insieme occorre che Mastella si dimetta da ministro della Giustizia e il suo partito molli lUnione. Mastella però, risponde che la sua «è unindicazione prospettica», e se quelli dellUdc pensano che lui possa dimettersi dal governo, «vuol dire che non hanno capito lidea politica».
Eppur qualcosa si muove, se il leader di Ceppaloni annuncia che «nei prossimi giorni» avrà «incontri coi piccoli partiti» eredi della Dc, per verificare «se ci sia oppure no lidea di un centro». Anche con lUdc ovviamente: Mastella vuol valutare con Casini e con Lorenzo Cesa - che nonostante tutto dice che «si può discutere» - quanta voglia abbiano «di uscire dal limbo in cui sono precipitati». Perché sia chiaro, chi sè messo in sospensione rispetto ai propri alleati è Casini, mica lui. E se colui che sbatte la porta in faccia a Fini, Bossi e Berlusconi dice che per quanto lo riguarda non avrebbe «alcun tipo di problema, ma è chiaramente inconcepibile fare ununione per noi che siamo allopposizione con un ministro del governo in carica», dunque rifiutando anche la mano tesagli dal fratello separato che gli diceva di lavorare con tutti i postdemocristiani per fare una riforma elettorale adeguata e prepararsi a correre uniti alle europee (dove cè già il proporzionale puro, senza sbarramenti e senza premi di maggioranza), Mastella non può che rimarcare come «unidea un po impossibile», che debba dimettersi da ministro o uscir dalla maggioranza. E spiega: «La mia è uniniziativa politica, e non contempera che io chieda a Casini e allUdc di muoversi da dove stanno, nè però si può chiedere a me di sgomberare il campo dove mi trovo. Io confermo la fedeltà alla mia maggioranza, però ho sempre detto che le alleanze non sono eterne; e si può costruire questarea di centro, se lo si vuole». Ci crede Mastella, pur rendendosi conto che i tempi son lunghi. Quelle di questi giorni «sono un po parole che volano, ma speriamo che diventino una pietra angolare», sospira. Garantendo però che sapre «una stagione politica interessante». Pur se Casini sfugge e rilancia: «Mastella è un furbacchione, lo conosco bene. Voti contro la Finanziaria, questo è il primo passa per ogni discorso serio».
Però è sintomatico che dalla Margherita insorga un altro grande postdemocristiano, Pierluigi Castagnetti, per fulminare che «una lista comune Mastella-Casini alle Europee del 2009 è unipotesi assurda, impraticabile». Il vecchio e saggio Gerardo Bianco però, loda il «senso di responsabilità» dimostrato sin qui dallUdc e invita al dialogo «tutte le componenti della diaspora democristiana».
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