«Materie prime e artigianalità Così Hampden oggi è l'erede di quei miti»

Luca Gargano «anima» di Velier presenta le prime storiche bottiglie

Per avere un'idea di quanto Luca Gargano sia autorevole nel mondo del rum, basterebbero tre dettagli: le quotazioni stratosferiche dei suoi imbottigliamenti Velier, l'aver creato il mito del Caroni e l'aver ideato una nuova classificazione di rum che porta il suo nome. Eppure lui, in t-shirt e sneakers, non accenna a smettere di correre.

Quattro rum di quattro secoli: quando ti pentirai di questa generosità?

«Ma no, il rum è convivialità, come il vino. Sono così contento di distribuire Hampden insieme al mio amico Thierry Benitah di Maison su Whisky che non avrei trovato occasione migliore per aprire quelle bottiglie».

Coraggioso mettere un rum di sette anni fra quei mostri sacri...

«Vero. Eppure ha retto alla grande il confronto. È come se fosse l'ultima tappa, dal rum venduto sfuso all'imbottigliamento in prima persona: la prosecuzione ideale di una cultura fatta di artigianalità, materie prime naturali, purezza».

Quanto contano le materie prime per te?

«Beh, diciamo che se distilli un angelo avrai un arcangelo. Se distilli cacca...».

Ok, contano molto...

«La canna da zucchero naturale, i lieviti selvaggi, l'acqua di sorgente: sono le materie prime che rendono grande un rum, ancor più del pedigree o dell'età anagrafica di una bottiglia. Per questo Hampden è un classico moderno».

Con Velier tu sei diventato un'eminenza variopinta (grigia proprio no) del rum. Com'è nata questa passione?

«Sono andato per la prima volta nei Caraibi a 18 anni. Mi sono innamorato della gente, di un mondo. Il rum è il succo di quel mondo».

Succo anarchico e a volte cialtrone, dicono i cultori del whisky.

«Il rum non viene da un solo luogo come lo Scotch. È prodotto in Paesi diversi, spesso allergici ai disciplinari. Per questo ho proposto una nuova classificazione per chi produce rum senza artifici, con alambicchi di rame e non a colonna. Devono chiamarsi Pure Single Rum. Gli altri si chiamino pure rum, ma almeno si capirà la differenza fra prodotti industriali per la miscelazione e grandi distillati che valgono whisky o cognac. In natura servono sia i gabbiani sia le aquile».

Hai imbottigliato i Demerara, scovato i Caroni perduti, reso il Clairin di Haiti presidio Slow Food, distribuito Hampden, aperto la bottiglia più vecchia del mondo: e ora?

«Beh, alle 21.03 di mercoledì scorso l'alambicco Muller ha prodotto la prima goccia di rum della Port-au-Prince distillerie, la distilleria che ho aperto ad Haiti con gli eredi della famiglia Barbancourt.

E poi c'è il sogno di un museo del rum a Genova, la mia città, porto che ha visto arrivare ogni tipo di spirito. Ci metterei la mia collezione. Ma ora con la tragedia del ponte Morandi ci sono cose più urgenti di cui occuparsi».

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