Il matrimonio dura da una vita? Non può più essere annullato

La Cassazione vieta di convalidare le sentenze della Sacra Rota che cancellano unioni di lungo corso. Anche per evitare furbate

Il matrimonio dura da una vita? 
Non può più essere annullato

Un matrimonio di lunga durata già annullato dalla Chiesa non può essere annullato automaticamente dallo Stato. È quanto stabilito dalla Cassazione (prima sezione civile, sentenza numero 1343), che ha accolto il ricorso di una signora veneta Maria Lorenza R., «ripudiata» dal consorte con il pretesto di avergli taciuto la sua contrarietà a diventare mamma e invalidato la nullità civile del suo matrimonio, protrattosi per venti anni.

Il matrimonio concorda­tario è quello contratto se­condo le regole del diritto ca­nonico (in Chiesa) e che, in forza della trascrizione nei re­gistri dello stato civile italia­no, ha effetti nel nostro ordi­namento. Quando se ne è chiesta la nullità alla Rota Ro­mana, e la si è ottenuta, la re­lativa sentenza può acquista­re effetti civili, cioè essere va­lida, oltre che per lo Stato del Vaticano anche per lo Stato italiano, solo con il supera­mento positivo del procedi­mento di delibazione, che si svolge davanti alla Corte di Appello italiana. La sentenza di nullità del tribunale ecclesiastico non deve però essere in contrasto con i principi del nostro ordi­namento civile. Per cui è pos­sibile che i vizi del consenso accertati nelle sentenze ec­clesiastiche, e che hanno si­gnificativa importanza nell' ordinamento canonico, non siano rilevanti perché in con­trasto col nostro ordine pub­blico: i nostri principi giuridi­ci, infatti, prevedono che sul­la formazione della volontà dei nubendi, viziandola o fa­cendola mancare, possano incidere solo cause esterne e oggettive. Da escludersi, quindi, la riserva mentale che, invece, ha grande impor­tanza nel diritto canonico. Il nostro ordine pubblico, che si identifica con i cardini della Costituzione, con i valo­ri e con i principi essenziali della nostra coscienza socia­le, e con le norme inderogabi­li vi­genti in materia matrimo­niale, tende a tutelare la buo­na fede dei coniugi e la stabili­tà del rapporto. La famiglia, per di più, è espressamente tutelata, co­me tale, dalla Costituzione. Infatti, l'annullamento del matrimonio civile (cioè con­tratto in Comune) non si può ottenere, neppure per cause oggettive, se c'è stata coabit­a­zione dei coniugi per oltre un anno, dalla cessazione delle cause invalidanti, salvo casi particolari di sanabilità. Per­fino se c'è stata simulazione, vale a dire quando gli sposi abbiano concordato, sin dal­la celebrazione delle nozze, di non adempiere agli obbli­ghi che ne discendono, si de­ve chiedere la dichiarazione di nullità entro l'anno. Il principio fondamentale, di ordine pubblico, è quello per cui la validità del matri­monio non debba restare so­spesa oltre il tempo stretta­mente necessario. La Cassazione si è, dun­que, pronunciata in termini omogenei al nostro Codice e alla pregressa giurispruden­za, cassando la decisione del­la Corte di Appello di Vene­zia che aveva delibato la sen­tenza di nullità di un matri­monio durato venti anni, malgrado la moglie avesse avuto da subito la riserva mentale di non procreare. Secondo il nostro Codice Civile, il matrimonio si basa sul reciproco consenso dei coniugi alla comunione di vi­ta morale e materiale. Il con­senso è revocabile in ogni momento, anche se non c'è una colpa dell'altro: ne è pro­va il diritto alla separazione, che può essere esercitato per il solo fatto che non si ritenga più proseguibile la conviven­za quando è oggettivamente intollerabile. Il fatto stesso che un matri­monio duri vent'anni, dimo­stra che il consenso allo stare insieme, indipendentemen­te dalla mancanza di figli, si è rinnovato sistematicamente e stabilmente nel tempo, da parte di entrambi i coniugi. Malgrado il permanere della riserva mentale. Per il nostro Stato, una fa­miglia c'è stata, e quindi è inaccettabile e contraria all' ordine pubblico la dichiara­zione della sua inesistenza fin dall'origine (questo è il senso della dichiarazione di nullità). La separazione prima e il di­vorzio poi, revocato il con­senso, portano ad affermare, invece, che la famiglia che c'era è venuta meno. La differenza tra famiglia mai esistita e famiglia che ha cessato di esistere, è significa­tiva sul piano patrimoniale: con la delibazione della sen­tenza di nullità, i coniugi per­do­no qualsiasi aggancio eco­nomico tra loro, in particola­re con riferimento ai diritti­doveri di mantenimento e al­le aspettative successorie. Col divorzio, invece, si onora la famiglia che c'è stata, con le obbligazioni economiche post matrimoniali.

Ecco perché, nella corsa al­la conquista dei diritti e della libertà, il coniuge povero cer­ca di ottenere quanto prima il divorzio, mentre il ricco aspira all'annullamento per archiviare la sua vita senza costi. Con buona pace degli affa­ticati giudici, religiosi o laici che siano.  

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