Max Giusti e un sogno che diventa sfida

Un risveglio mattutino con in testa l’immagine potente di Domenico Modugno che canta il refrain di Meraviglioso e davanti agli occhi le immagini di un notiziario che snocciola dati impietosi sulla crisi globale. Da questo attrito e dalle conseguenti scintille artistiche, come un Big Bang è esploso Meraviglioso il nuovo spettacolo di Max Giusti, scritto dall’attore insieme con Stefano Fabrizi, Riccardo Cassini e Giuliano Rinaldi. In scena con Giusti, dal 17 febbraio al teatro Olimpico, anche la sua band storica.
«Meraviglioso», titolo ingombrante per un recital: perché lo ha scelto?
«Mi ha ispirato Modugno. Nella canzone scritta da Pazzaglia si parla di temi universali: amore, solidarietà e speranza. Pensando al testo mi sono chiesto quale futuro ci si prospetta ma, soprattutto, nel 2009 c’è ancora posto per la parola meraviglioso? La gente soffre, la crisi è sottotraccia e qualcuno brinda al fallimento delle banche».
Sparerà a zero a destra e sinistra, allora?
«Sulla ribalta posso dire ciò che voglio perché il pubblico che paga il biglietto è libero di dissentire o andarsene».
Qual è il filo conduttore dello show?
«Tutto parte da un sogno che diventa una sfida. Il sipario si alza nel momento in cui l’uomo intuisce i valori della vita. Parlerò dei diversi modi di intendere l’amore, il matrimonio; farò un’incursione nel mondo dei separati e darò spazio alla beneficenza e all’amicizia».
Virtuale o reale?
«Non m’intendo di social network, ma so che i ragazzi fanno amicizie virtuali su Facebook e, grazie ai videogiochi, quando si annoiano possono giocare a suonare coi Pink Floyd. Così facendo, la vita vera diventa un posto schifoso».
Tra un amarcord e una stoccata, lei in scena prende per mano lo spettatore trascinandolo in una scenografia cinematografica versione «limbo»: cielo azzurro e poche nubi. Porterà le sue macchiette?
«Sì, ma non vorrei. Odio restare imbottigliato nelle parodie e amo essere attore. Per realizzare questo spettacolo, che considero il più difficile della mia carriera, sto lavorando come un matto. Continuerò a registrare Affari tuoi e la domenica qui in teatro saranno montati i set televisivi per i miei siparietti a Quelli che il calcio».
Se preferisce il proscenio perché fa tivù?
«Perché mi dà la possibilità di lavorare un mese l’anno in assoluta libertà.

Non rinnego Malgioglio né Lotito, ma non voglio esserne prigioniero. A proposito, ho fatto pace con Ricucci e mi ha promesso che verrà a teatro per fare coriandoli della sua querela».
Scene di Attilio De Luca, regia di Cristiano D’Alisera. Repliche fino al 22 marzo.

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