Max Giusti: «Sono pronto per preparare altri pacchi»

Max Giusti: «Sono pronto per preparare altri pacchi»

Roma Paura ne aveva. Eccome, se ne aveva. «Era la mia grande occasione. Ma venivo dopo un Bonolis funambolico, un Pupo biscazziere, una Clerici materna, un Insinna attoriale... Come avrei fatto a distinguermi da loro?». In un modo molto semplice: «rimanendo me stesso». Così Max Giusti è riuscito a fare suo Affari tuoi; nel contempo mantenendo alta la tradizione vincente dell'access prime time di Raiuno. Che, al debutto nell’ottobre del 2003 (sette edizioni in tutto) lunedì toccherà il traguardo più agognato; quello proprio solo delle trasmissioni-fenomeno. La puntata numero mille.
«Sognavo da sempre di arrivare su Raiuno - confessa il conduttore -; per anni sono stato solo il comico; quello che fa ridere, che fa le imitazioni. Ma io mi sono sempre ritenuto soprattutto un attore. E arrivare su Raiuno avrebbe significato per me consacrarmi come professionista a tutto tondo». Il gioco dei pacchi, infatti, gli ha consentito di «toccare alcune corde del mio talento che, altrimenti, non mi sarebbe mai stato consentito di far vibrare. Il rapporto diretto col pubblico. La possibilità di entrare veramente nelle case degli italiani. La capacità d’improvvisare, di creare al momento. Cose che al Max Giusti imitatore sarebbero state precluse».
Dietro alla visibile soddisfazione di Giusti (per alcune settimane contemporaneamente occupato anche in teatro col suo one man show, e nelle fiction Distretto di polizia e Raccontami) c’è anche una palpabile realizzazione umana. «Credo che dietro al successo di questo programma ci sia stata la capacità di mediare tra le mie origini modeste e le mie ambizioni al miglioramento. Io vengo da una zona popolare, via del Trullo 190, e oggi sono a pranzo con voi giornalisti in uno degli alberghi più esclusivi di Roma. Dove, fino a pochi anni fa, nemmeno m’avrebbero fato entrare». Per questo accettare la conduzione dei pacchi è stato, a suo modo, un azzardo coraggioso. «Avrei potuto rimanermene, come fanno in tanti, nella mia comoda nicchia da comico della domenica pomeriggio. Creare ogni tanto qualche personaggio giusto, azzeccare uno show teatrale ogni tanto... E invece mi sono buttato. Dopo tanti predecessori illustri. E in un programma che aveva già esaurito da un pezzo l’effetto-novità».
Ora la gente non gli fa più i complimenti solo per le sue imitazioni. «Oggi mi considerano un vero attore». E giura che non si farà mai venire la puzza sotto il naso. «Io non mi vergogno di fare tv popolare. Al contrario: ne sono fiero, perché è una tv che mi piace. E che, immodestamente, credo di saper fare».
E per il futuro? Ribatte pronto di sentirsi finora disponibile all’edizione dei pacchi numero otto. Mentre il suo contratto in esclusiva con la Rai durerà ancora due anni. «Ma credo e spero di restare a Raiuno per sempre». Intanto si prepara ad abbandonare Distretto di polizia («Nella prima serie non mi sono piaciuto; nella seconda sono andato meglio, anche se non hanno mai voluto sfruttare il mio talento brillante, per sdrammatizzare il genere») e di avere in programma altre due fiction, una brillante e una seria. Oltre al ritorno a teatro, con uno show dal titolo volutamente ottimista: Meraviglioso. Debutteremo a Roma in febbraio». Gli piacerebbe condurre un reality? «Mai». Sanremo? «Nessuno me l'ha chiesto». Nuovi personaggi da imitare? «Vorrei fare Villari.

Anche se nessuno ne conosce bene le caratteristiche. Non importa. Nemmeno Lotito o Ricucci li conoscevano. Ricucci mi ha mandato addirittura un avviso di querela. Ma io lo ringrazio. Un comico senza querele, è come una banana senza buccia».

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