Maxwell, interista normale «Non capisco perché tutti parlano bene di me»

Il terzino nerazzurro: «La mia vita? Fede, fortuna e volontà. Forse la gente ha capito che sono uno naturale»

nostro inviato ad Appiano Gentile

Scusi, lei che fa un uso così parsimonioiso del suo piede destro, cosa ne pensa? Si sente un calciatore sfortunato o incompleto?
Si chiama Maxwell Scherrer Cabelino Andrade ma non è uno così complicato, anzi, è l’altra faccia dell’opulenza. Dice: «Non so perché funziono, e neanche perché la gente che non mi conosce parli bene di me. Non lo so, io sono normale».
Sì, ma con quel destro come la mettiamo. Si è mai chiesto a cosa le serve?
«Per appoggiarmi».
Per appoggiarmi?
«Per appoggiarmi, sì, per appoggiarmi».
Lei si ricorda se lo ha usato nell’unico gol che ha fatto da quando è all’Inter?
«Mi sembra di sì... sì, direi di sì, l’ho usato».
Gran gol quello al Parma, ne è bastato uno per entrare nella testa dei tifosi, come se lo spiega?
«Forse la gente ha capito che sono naturale. Ma sarebbe più giusto che fosse la gente a spiegarmi questa cosa. Ho sempre ricevuto tantissime attenzioni e mi sembrava che fossero una specie di compensazione a tutto quello che mi succedeva».
Il ginocchio spappolato?
«Mentre ero in Olanda un giorno mi chiamano e mi dicono che mio fratello è morto in un incidente stradale. Credo che quella fosse una cosa ben più grave. Sono tornato subito a Cachoeiro per vedere mio padre e mia madre, ma soprattutto per stare vicino all’altro mio fratello».
Forse ha ragione lei, c’è qualcuno invidioso che compensa, lei è una persona fortunata...
«Se si riferisce alla mia professione sì, sono fortunato. Ma sono anche uno che ha capito subito che se non metteva professionalità nelle cose che faceva, non otteneva niente. L’Inter credo che mi abbia preso per questo, anche se avevo un ginocchio spappolato».
Com’è andata?
«Con l’Inter o l’incidente?»
Tutte e due.
«Giocavo in Euredivisie con l’Ajax contro il Willem II, ho visto che un avversario stava entrando in scivolata, ho saltato per evitarlo e nel ricadere il ginocchio destro si è girato, rottura completa del legamento crociato anteriore, due interventi in Brasile, mi hanno ricostruito il menisco, sono rimasto fermo più di un anno, ogni giorno mi chiedevo se sarei tornato a camminare. Quando l’Inter mi ha acquistato non ero neppure in grado di correre».
Tutto sulla fiducia, vede?
«Mamma Maria da piccoli ci leggeva la Bibbia, io ho sempre creduto che fosse l’unico modo per diventare un uomo migliore. Poi quando sono andato a giocare nel Cruzeiro me ne ha regalata una, ce l’ho ancora e tutte le sere ne leggo un po’, mi aiuta a capire le altre persone».
Quindi lei pensa che sia la fede ad aiutarla nei momenti difficili?
«Mi è nata la prima figlia Maria Eduarda e io l’ho potuta vedere solo su Internet perché stavo facendo la riabilitazione. A Empoli un bel giorno tutti vanno in ferie e mi dicono: da domani è tutto chiuso. Ma io non ho fatto neppure un giorno di vacanza perché volevo presentarmi all’Inter nella condizione migliore. Insieme alla fede occorre anche un po’ di volontà».
E poi c’era anche mamma Maria che era venuta fin da Cachoeiro per fare la riabilitazione con lei...
«Capisce? Queste sono cose che possono accadere nella vita».
Come ritrovarsi Maicon, e poi Ibra, e poi Chivu... cos’è, un altro segno del destino?
«Davvero... Un giorno arriva il Criciuma a fare un torneo giovanile, gioca contro noi del Cruzerio e ci elimina. Allora i nostri dirigenti hanno comprato Maicon e ci hanno messo uno a destra e l’altro a sinistra, avevamo 16 anni, abbiamo giocato due anni assieme. Poi io sono andato all’Ajax, e qui ho trovato Ibrahimovic, uno così simpatico che abbiamo legato subito anche se non riuscivamo a scambiarci neppure mezza parola perché io non conoscevo l’inglese. Anche lui era appena arrivato all’Ajax ma mi ha aiutato tantissimo. E poi c’era anche Chivu... adesso siamo tutti qui all’Inter, curioso vero?».


E con la colonia brasiliana del Milan?
«Nessuno può immaginare quanto li stimo, sono tutti degli idoli, io spero solo che alla fine tocchi a noi essere più fortunati di loro».
Ma lei nonostante quel destro è una persona fortunata... ma poi l’ha toccata veramente col destro contro il Parma?
«Sì... mi sono appoggiato... sì, credo proprio di averla toccata».

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