Mazzini, Mitri e la Fallaci. Il cinema e la tv scoprono le glorie patrie

Archiviato il pessimismo di Il divo e Gomorra, ecco film e fiction che raccontano l’Italia positiva

Mazzini, Mitri e la Fallaci. Il cinema e la tv scoprono le glorie patrie

Roma - Lo sguardo pessimista che ha avvolto, come in un campo lunghissimo di Sergio Leone, l’Italia raccontata finora da un cinema in debito di autostima e voglioso di pagare (soprattutto all’estero) il dazio sulla sporcificazione nazionale, pare spento. E non perché col fango, anche con quello artisticamente plasmato di Gomorra (anti Stato) e de Il Divo (anti politica), non si va lontano (dopo quegli exploit, ormai remoti, i registi Matteo Garrone e Paolo Sorrentino versano in crisi creativa). Si direbbe, piuttosto, che tra le pieghe d’un Paese desideroso di cambiare, cercando libertà dal conosciuto (in primis da un’ideologia basata sul disfattismo di maniera promanato da cineasti benestanti, produttori miliardari e attori con attico ai Parioli), si stia facendo largo un preciso desiderio di sé e della propria storia, delle proprie non disprezzabili radici.

Tale tendenza «egoriferita» (nel senso di ego nazionale) proverrà, in parte, pure dalla crisi economica, che spinge a guardare quanto c’è «in casa», utilizzando vicende, figure e paesaggi domestici, senza finanziare costose location estere, con nomi di spicco globale per fare cassetta. Ma non ha forse fatto cassetta Cado dalle nubi, biopic del comico Checco Zalone, che raccontando (anche su YouTube) le tappe della sua carriera-lampo, tra Polignano a Mare e Milano, ha surclassato il bombastico New Moon dei vampiri mosci, con 3 milioni d’incasso al primo week end? Tanto vero che venerdì prossimo la Eagle aspetta una replica del boom costruito in provincia, con la commedia musicale Basilicata coast to coast, interpretata e diretta da Rocco Papaleo, esordiente in regia (con Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno e Max Gazzè, pure lui esordiente sul grande schermo). Qui è protagonista la Basilicata, con gli interessanti scorci utilizzati da Mel Gibson e pronti ad accogliere, dal Tirreno allo Jonio, un gruppo di giovani che affrontano il male di vivere tra gag comiche e canzoni. Ma non è solo il paesaggio tricolore a mettere in luce un aspetto potabile (quello ludico) della nostra convivenza civile. Nei prossimi mesi cinema e tivù faranno sistema intorno a figure emblematiche della storia recente. È in fase di montaggio La fine è il mio inizio, film drammatico del tedesco Jo Baier, che tra Pistoia e Orsigna inquadra la vita di Tiziano Terzani, uno dei giornalisti più celebri del mondo (fu corrispondente dello Spiegel dall’Asia, che amava e conosceva bene), dal cui omonimo bestseller origina il biopic. Bruno Ganz sarà Terzani da vecchio, mentre Elio Germano interpreta Folco, figlio di colui che, da reporter di guerra, divenne inviato di pace. A Oriana Fallaci, prima inviata di guerra italiana e scrittrice di livello mondiale, è dedicata una fiction della Fandango (all’esordio in produzione tv), pensata per Raiuno. La sceneggiatura è dei veterani Stefano Rulli e Sandro Petraglia, già all’opera.
È invece pronto per Venezia il kolossal-fiume (oltre tre ore) di Mario Martone, Noi credevamo (dal romanzo di Anna Banti), sulle gesta nobili del Risorgimento. Starring Luca Zingaretti (Crispi) e Toni Servillo (Mazzini), perché la guerra per l’unità d’Italia merita attori di rango.

Se il cinema d’autore esplora la costruzione dello Stato italiano, la tivù analizza il ventennio fascista con Le ragazze dello swing, miniserie di Maurizio Zaccaro sul Trio Lescano (Rai Uno), delle sorelle olandesi Sandra, Giuditta e Ketty, che nell’Italia futurista cantavano Tulipan e Marameo, perché sei morto?. Ebree, non subirono le leggi razziali: da ammiratore, il Duce diede loro la cittadinanza italiana. E ancora, un trio di sorelle - Micol, Zoe e Giovanna Fontana - rievocherà (per Lux Vide) i fasti dell’alta moda made in Italy fino ai Settanta. Quando il lusso delle sarte di Traversetolo, che vestirono Mirna Loy e Jackie Kennedy, Ava Gardner e Michéle Morgan, ma soprattutto Linda Christian, firmata Fontana, ai tempi del suo matrimonio stile «Hollywood sul Tevere», fu azzerato dal ’68. E a Pasqua, niente colomba per Luca Argentero, che gonfia i pettorali: a fine mese sarà sul set di Un pugno e un bacio, fiction (Rai Uno) sul pugile triestino Tiberio Mitri, campione di boxe (nel 1950 sfidò Jake LaMotta) e attore con Totò.

L’Italia s’è desta, allora? Non è mai troppo tardi (e arriva una fiction sul maestro Alberto Manzi, che alfabetizzò il Bel Paese con l’omonimo

programma tv). A Cannes, dai cugini che ci detestano, pagherà dazio La nostra vita di Daniele Lucchetti. Col gettonatissimo Elio Germano, qui proletario romano teso a far soldi. «È la storia di un paese intero», dice lui.

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