È stata emessa a Parigi, in Place de la Concorde; lha emessa una giuria che più internazionale non si può (i giudici provenivano da ben 23 Paesi diversi); ma se la sentenza con cui la Fia riconosce la McLaren formalmente colpevole di slealtà ma poi la assolve, fosse stata prodotta nei nostri confini potremmo tranquillamente parlare di papocchio allitaliana. Manca la prova, afferma la Fia, che quel materiale proveniente da Maranello sia stato utilizzato per danneggiare la Ferrari o avvantaggiare la McLaren.
Bene. O quasi. Cera però la prova, provata, provatissima, che almeno un tecnico e non di secondo piano della McLaren, Mike Coughlan, aveva a sua disposizione le 780 pagine targate Ferrari. Cera la dichiarazione giurata rilasciata da Coughlan allAlta Corte di Londra che tirava in ballo un altro pezzo grosso della casa di Woking - il managing director Jonathan Neale - che, quanto meno, sapeva che Coughlan era in possesso di questo materiale. Cè la regola della lealtà sportiva secondo la quale la McLaren avrebbe avuto il dovere di denunciare il possesso illegale di questo dossier Ferrari.
Non stiamo qui a discutere di che condanna avrebbe dovuto subire la scuderia anglotedesca - multa semplice, megamulta, penalizzazione, esclusione dal mondiale, impiccagione davanti ai box di Monza - ma in qualche modo la McLaren doveva essere punita. E invece, ancora una volta, si è lasciato da parte lo sport con tutte le sue barbosissime e superate esigenze etiche, e cavalleresche, per far prevalere il business. Che cosa sarebbe stata la formula uno da qui alla fine della stagione senza la McLaren? Che fine avrebbero fatto gli sponsor di Ron Dennis e dei piloti? Che spettacolo avrebbe offerto il Gran Circo privato dellunico vero personaggio, Lewis Hamilton, uscito dalle ceneri del ritiro di Michael Schumacher?
E suona un po come una presa in giro la minaccia di sanzioni pesantissime, quelle che già avrebbero potuto essere applicate, se, nel prosieguo della stagione, dovessero uscire le prove che la McLaren-Mercedes ha utilizzato il dossier Ferrari. Che cosa vogliono i giudici della Fia? Una confessione di Ron Dennis? Il disegno «originale» di un particolare della McLaren su cui è stato dimenticato il cavallino? No, la Fia voleva salvare soldi, spettacolo e Ron Dennis. Lo ha fatto lasciando però una spada di Damocle sul mondiale per cui da qui alla fine della stagione questa spy story chissà quante volte verrà tirata in ballo con reciproche accuse fra le due scuderie: «Avete barato», «No, voi volete vincere a tavolino visto che non ce la fate in pista». Pazienza. Lo sport oggi è questo.
Sergio Rotondo
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