Ci sono quelli iperinformati, quelli esigenti e quelli organizzati in associazioni di difesa. Poi ci sono quelli irrispettosi e quelli che trascendono in atteggiamenti aggressivi e quelli che addirittura minacciano. La tipologia dei pazienti che affollano gli ambulatori dei medici di famiglia è un campionario di fissazioni e pretese. Il fumatore vuole fare una lastra al torace una volta l'anno per assicurarsi di non avere un tumore ai polmoni e poter continuare a fumare. Il diabetico accusa il medico di avergli dato la cura sbagliata e poi si scopre che la sera non rinuncia al dolce. Per non parlare di quello che crede di aver visto in tivù la cura miracolosa contro la cervicale e tratta il medico da incompetente perché non gli ha ancora risolto il problema.
Punti di vista diversi, discussioni che possono degenerare in un vero e proprio contenzioso legale. «Non è facile oggi fare il medico di base - dice Fiorenzo Corti, presidente Fimmg Lombardia -. La nostra professione è cambiata molto, così come i pazienti. Per questo vogliamo chiedere alla Regione di aprire un pronto soccorso medico legale, una linea telefonica alla quale i medici possono rivolgersi davanti a casi problematici o borderline». L'associazione di categoria insieme con la Scuola di formazione e ricerca in medicina di famiglia hanno fatto partire nei giorni scorsi un questionario rivolto a tutti i medici di base della regione per capire quali sono «le reali criticità» nel lavoro quotidiano e nel rapporto con i pazienti. In tre giorni già 100 questionari sono tornati svolti. «E' ancora presto per commentare i dati. Si tratta però di un progetto importante perché è il primo studio ad ampio raggio sul livello di stress a cui sono sottoposti i medici di famiglia - spiega Mietta Venzi, responsabile del progetto -. ll sondaggio “Il burn out del medico di famiglia” è stato elaborato dal dottor Vittorio Tripeni, Psicologo clinico e del lavoro e docente di Criminologia all'università degli Studi di Milano. Vogliamo rilevare non solo le criticità che possono favorire l'insorgenza del disturbo in esame, ma anche favorire l'elaborazione di proposte che possano contribuire alla risoluzione del problema».
Tra queste l'istituzione di un servizio di pronto soccorso medico giuridico. Ma quali sono i casi che arriverebbero a questo servizio? «Il paziente fumatore si presenta in studio chiedendo una lastra ai polmoni - spiega Mietta Venzi -. Il fatto di fumare non è motivo di richiesta d'esame. Ma lui insiste e magari butta lì che se poi fra tre mesi gli trovano un tumore mi denuncia. Cosa devo fare? Intanto gli spiego che la prevenzione non si fa con la diagnostica. Ma con lo smettere di fumare. Vuole fare la lastra per scoprire di non avere un tumore e continuare ad accendersi le sigarette. Ormai è passato il concetto che bisogna sottoporsi a più esami possibili. I pazienti li pretendono. Sottovalutando magari il pericolo radiazioni a cui si è sottoposti». E spesso ci si trova in situazioni davvero critiche. In cui il che fare diventa urgente. «Ci sono medici - racconta la dottoressa Venzi - costretti a far intervenire la polizia per allontanare pazienti minacciosi di fronte al rifiuto di una ricetta medica non dovuta. E poi ci sono i cosiddetti iperinformati. Per loro la tivù è maestra di buona sanità. Bombardati da trasmissioni e dibattiti su sintomi e cure i pazienti hanno cambiato atteggiamento nei confronti della malattia. «Spesso le trasmissioni generano in chi ha quel tipo di malattia la speranza che ci sia la guarigione e in chi non ce l'ha l'ansia di averla», spiega ancora la dottoressa Venzi.
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