Le carceri «scoppiano»? Ecco lindulto che libera qualche migliaio di detenuti. E per quelli che restano la vita continua più dura che mai. Questo governo di centrosinistra, che aveva fatto della difesa dei più deboli il suo punto di forza, ora taglia anche le cure sanitarie a chi sta dietro le sbarre. Prodi insomma sembra sparare anche sullambulanza. Il meccanismo è sottile, leffetto rischia di essere devastante. La Finanziaria che lUnione ci ha regalato per Natale contempla infatti un capitolo di bilancio della Giustizia, (il 1761) che prevede un taglio di oltre 13 milioni di euro alla medicina penitenziaria. Senza questi soldi ora si ridurranno i medici, non si compreranno i farmaci, si renderanno impossibili molte cure e, per converso, si moltiplicheranno le spese per i ricoveri ospedalieri e i piantonamenti dei secondini ai detenuti ammalati. Insomma una spirale perversa innescata da un meccanismo che sembra proprio voler togliere ossigeno a un moribondo.
Lallarme viene dallAssociazione medici dellamministrazione penitenziaria italiana (Amapi) che ha alzato la voce con i presidenti di Camera e Senato, il premier, i ministri di Giustizia e Salute e perfino con il Quirinale. Esito scontato: lappello è caduto nel vuoto. Ora il rischio è altissimo. Senza quei soldi, per la precisione 13.106.838 euro, in molti pagheranno pedaggio. In primo luogo i detenuti: diventerà impossibile acquistare i farmaci salvavita, i retrovirali contro lAids, linterferone per lepatite B e C, le protesi, tanto per citare soltanto le patologie più diffuse nelle carceri. Ma non è tutto. Il taglio colpirà gli ambulatori: non sarà più possibile riparare gli eventuali guasti delle apparecchiature medicali, né, di conseguenza, sarà possibile rinnovare la tecnologia ormai anacronistica delle strumentazioni in dotazione nei centri medici delle case circondariali.
Infine, lo stesso personale, medico e paramedico, si troverà faccia a faccia a fare i conti con un portafoglio pieno solo di lacrime. Medici di guardia, infermieri, tecnici e camici bianchi verranno giocoforza ridotti. Fino ad oggi hanno lavorato in convenzione, grazie a un accordo annuale con lo Stato che garantiva loro una certa somma in cambio di una serie di prestazioni professionali. La forbice della Finanziaria ha reso tutto più arduo: molte forme di collaborazione non saranno più rinnovabili e per il personale sanitario le sorprese saranno ancora più cocenti. Rimarranno in mezzo alla strada centinaia di camici bianchi che andranno a infoltire la schiera dei disoccupati.
Questo vortice cupo porterà con sé risvolti negativi sempre in ambito economico perché le emergenze sanitarie andranno comunque affrontate, nonostante i tagli della Finanziaria. Se gli ambulatori chiuderanno o non potranno aiutare chi si ammala, occorrerà far curare altrove i detenuti e ciò comporterà maggiori spese legate al trasporto dei reclusi in ospedale, al relativo ricovero e alla loro conseguente sorveglianza. Solo in apparenza quindi gli attuali risparmi si riveleranno tali in realtà.
Un quadro fosco davanti al quale il presidente nazionale dellAmapi, Francesco Ceraudo attacca frontalmente la compagine politica di governo: «A parole Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Verdi, Radicali e Ds hanno dimostrato attenzione verso i temi del carcere in generale e della medicina penitenziaria in particolare. Ora quellattenzione bisogna dimostrarla con i fatti recuperando i tagli con le relative integrazioni per restituire operatività ai servizi sanitari penitenziari. Finora è il deserto più assoluto. Si offende il buon senso e si calpestano gli elementari diritti dei detenuti: è come togliere ossigeno a un moribondo». Le commissioni Giustizia di Camera e Senato hanno dato parere favorevole per recuperare i tagli ma il percorso sembra in salita.
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