Le modifiche alla Costituzione proposte dal centrodestra hanno passato il terzo passaggio e presto dovrebbero essere approvate definitivamente. Tre gli elementi qualificanti di queste proposte: c'è una definizione dei poteri trasferiti dallo Stato alle Regioni più chiara rispetto ai pasticci combinati dal centrosinistra nella passata legislatura. In alcuni casi si valorizza l'interesse nazionale. C'è una definizione più incisiva dei poteri del premier; e c'è il superamento del bicameralismo «perfetto» con una sorta di regionalizzazione del Senato.
Sono scelte di grande buon senso: anche le vicende della Finanziaria 2006 mostrano come lo Stato centralistico non ce la faccia più: Regioni ed enti locali non governano la spesa e il deficit pubblico va fuori controllo. La responsabilizzazione del territorio è la risposta: e andrà perseguita anche con un coerente progetto di federalismo fiscale. La miscela di poteri concorrenti, poi, tra premier, Parlamento e presidenza della Repubblica proposta dalla vecchia Costituzione definiva un sistema decisionale che di fatto implicava una sorta di consociativismo, e saltava per aria quando al posto di un presidente galantuomo come Carlo Azeglio Ciampi, c'era un politico dai mille intrighi come Oscar Luigi Scalfaro. Infine il superamento del bicameralismo perfetto è un provvedimento essenziale per una società che non può più permettersi attese infinite per l'approvazione di una legge.
La nostra Costituzione, tutto sommato, offre un quadro di valori e principi che reggono: una sintesi tra le culture liberali, cattoliche e socialcomuniste che hanno segnato la storia dell'Italia prima e dopo il fascismo. Ma il sistema decisionale era imbragato dalla paura di un possibile ritorno del fascismo e dalla necessità di non trasformare la guerra ideologica, particolarmente dura in Italia, tra comunismo e culture politiche liberali in una guerra civile guerreggiata. Fascismo e guerra fredda non ci sono più, dunque il popolo italiano può darsi oggi regole costituzionali all'altezza dei suoi bisogni di decisionalità e decentramento. Le approva solo il centrodestra? E allora? Charles De Gaulle ha rifatto un'intera Costituzione negli anni Sessanta salvando la democrazia in Francia. Solo qualche anno fa Tony Blair si è proposto di abolire la plurisecolare Camera dei Lord (e, ancor più coraggiosamente, la caccia alla volpe) con i soli voti laburisti. Le modifiche della Costituzione sono sottoposte a referendum se non c'è una maggioranza dei due terzi delle Camere: non c'è nessun vulnus alla democrazia.
Ma ora il centrodestra, che ha avuto l'opportuno buon senso di fare queste riforme, dovrà avere il fiato per difenderle. Anche perché gli si è già mobilitato contro tutto l'ambaradan democratico dai caffè triestini alle basse cucine giornalistiche romane. Certo, si può dire con Liberazione che i nostri soloni intellettual-giornalisti non ne azzeccano una: come si è visto nel recente referendum sulla fecondazione assistita. Ma in difesa dell'embrione c'era il cervello del cardinale Camillo Ruini. Per la difesa delle riforme costituzionali, anche se il popolo è senza dubbio più avanti dei suoi soloni, si dovrà trovare una regìa. Va mobilitata l'intellettualità non conformista che giudica con indipendenza i temi in discussione, senza soggezione ai tanti baroni conservatori.
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