È il medico più pagato del mondo: 400.000 dollari per 45 minuti di visite. È specializzato in nefrologia e malattie infettive, ma lo conoscono soprattutto per l’abilità diagnostica: riesce sempre a scoprire che accidente hai. È scontroso, misantropo, tagliente, cinico: «Ho fatto il medico per curare le malattie, non i malati». È sciancato, cammina col bastone, si rade quando capita, non ride mai. Il suo nome è Gregory House e in televisione - è lì che compare da quattro anni - ha la faccia dell’attore Hugh Laurie. Sono in pochi però a sapere che anche l’onnisciente clinico americano ha bisogno di un collega, e per di più italiano, che talvolta gli insegni il mestiere. Bisogna avere la pazienza di scorrere i titoli di coda del serial Dr. House - «Consulenza medica professor Massimo Codacci Pisanelli», si legge alla fine di ogni puntata.
Ed eccolo qui, l’esatto opposto del dottor House. Sbarbato, affabile, educato, segaligno, tanto da sembrare, con i suoi 84 chili su un metro e 90 di statura, la controfigura giovanile di Pio XII. Il Policlinico Umberto I di Roma non ha niente del modernissimo Princeton Plainsboro teaching hospital inventato dalla Tv, benché fino a qualche anno fa fosse considerato il più grande ospedale del mondo per numero di posti letto, primato che oggi ha ceduto al Chris Hani Baragwanath hospital di Soweto, Sudafrica. Nella sala d’aspetto del dipartimento di chirurgia ci sono le panche di legno come sui treni di terza classe. Codacci Pisanelli, docente alla Sapienza, ha la stessa età del reparto in cui lavora, fondato nel 1958 dal professor Pietro Valdoni, il primario che fu chiamato a occuparsi del tumore allo stomaco di Giovanni XXIII, della prostata di Paolo VI e della nuca e del petto di Palmiro Togliatti trafitti dai colpi di pistola dell’attentatore Antonio Pallante, «però l’aneddoto della salatissima parcella presentata al segretario del Pci, con questi che dice al grande chirurgo: “Eccole il saldo,ma è denaro rubato”, e l’altro che gli risponde: “Grazie per l’assegno, la provenienza non m’interessa”, è una leggenda metropolitana, me lo assicurò il professor Sandro Tagliacozzo, braccio destro di Valdoni», ci tiene a precisare l’allievo.
Il mite professore ha preso dal padre, l’onorevole Giuseppe Codacci Pisanelli, un deputato morto vent’anni fa, che fece parte dell’Assemblea costituente e fu più volte ministro, al quale i governi di ieri e di oggi devono sempiterna riconoscenzaper aver inventato l’istituto del decreto legge. «Papà aveva studiato ad Oxford. Quando divenne ministro della Difesa nell’ultimo governo De Gasperi, Togliatti tuonò: “Avete scelto uno che conosce l’inglese perché così può prendere ordini dagli americani”. Al che lo statista trentino replicò: “L’onorevole Codacci Pisanelli ha combattuto contro gli americani. Invece lei,onorevole Togliatti, conosce il russo ma non ha mai combattuto contro i russi”». Il padre del chirurgo conosceva bene anche il tedesco. In Africa, durante la seconda guerra mondiale, era l’interlocutore del generale Erwin Rommel: per l’eroismo dimostrato, fu insignito della croce di ferro. Il che non gli impedì, concluso il conflitto, di presenziare al processo di Norimberga come osservatore del governo italiano.
Anche suo figlio, specializzato in anestesia, rianimazione
e chirurgia generale, conosce bene
il tedesco, ma più ancora l’inglese e questo spiega perché l’abbiano
arruolato come consulente
scientifico del serial. Ha lavorato al St. Mark’s
hospital di Londra e al Fatebenefratelli di Vienna;
negli Stati Uniti ha frequentato il Roper St.
Francis hospital di Charleston, Sud Carolina. La
moglie Benedetta ha sangue americano nelle
vene: il suo trisavolo era di Kansas City. «Si chiamava
Bertrand Rockwell e da allora tutti i discendenti
maschi portano questo nome», spiega il
professor Codacci Pisanelli, mentre fa scorrere
sul computer le foto dei figlioletti Bertrando,
5 anni, e Martina, 2. «Non pensavo che mi
avrebbero fatto rimbambire», mormora trasognato
il tenerone.
Lei non è come House, privo di affetti.
«Vocazione di famiglia: siamo otto fratelli. Per
la prima volta nessuno di noi fa il parlamentare.
Mia bisnonna, Bianca Naldini di Firenze, rimasta
prematuramente vedova di Luigi Codacci,
sposò in seconde nozze Giuseppe Pisanelli, ministro
di Grazia e Giustizia
nei governi Farini e Minghetti.
Io sono il quinto, ex aequo
con Vito, avvocato, che è il
mio doppione genetico: gemello
monocoriale, stesso
Dna. Solo le impronte digitali
sono diverse. Unavolta che
m’era scaduta la patente confesso
d’aver usato la sua».
Ma lei lo vede «Dr. House»?
«Non guardo mai la Tv. Mi limito
a visionare i Dvd col sonoro in inglese,
che mi vengono mandati
dalla casa di doppiaggio.
Controllo che House
e gli altri medici non dicano
bestialità. Complicatissimo,
perché le parole devono
corrispondere al movimento
delle labbra».
Il dottor House toppa spesso?
«Non direi. Una volta ha sbagliato il ciclo vitale
della cisti da echinococco, che si trasmette dalla
pecora al cane e dal cane all’uomo mediante
l’ingestione di verdure contaminate da feci.
Una patologia a volte mortale, piuttosto diffusa
in Sardegna. Allo stadio larvale il parassita si
annida nel fegato, dando origine a delle specie
di uova che possono arrivare a 15 centimetri».
I suoi colleghi guardano il serial?
«Buonaparte. Una volta la settimana vado a operare
nell’ospedale di Spoleto e lìmi tocca discutere
le scelte del dottor House col mio collega
Enzo Ercolani, primario di anestesia e rianimazione,
un critico attento e severissimo».
Ma che cosa capiranno i telespettatori di quei
casi clinici ai limiti dell’assurdo?
«Mi chieda piuttosto che cosa ne capiamo noi
medici».
Il lessico di «Dr. House» è inavvicinabile.
«Super tecnologico anche per me, lo confesso.
Mi serve come ripasso. Non approfondivo le
varie onde degli elettroencefalogrammi dai
tempi dell’esame di neurologia. Tenga presente
che nel mondo anglosassone il chirurgo non
ha diritto al titolo di dottore o di professore.
Anche oggi che siamo laureati, restiamo solo
mister. Come i cerusici-barbieri dei secoli bui».
Ha mai suggerito di modificare i dialoghi?
«Qualche battuta violenta l’ho fatta togliere.
M’impressionò la lettera di protesta di una malata
di sclerosi multipla, inviata a Sorrisi e Canzoni
Tv, perché il dottor House aveva esclamato
di una paziente: “Certo che sta messa proprio
male!”. È terribile togliere la speranza».
Quanto la pagano per la sua consulenza?
(Apre una busta).
«Ecco qua: per i 16 episodi
della stagione 2008 ho percepito questi».
Appena1.867 euro? Ma sono116euro apuntata!
Niente. Per un solo episodio Hugh Laurie
guadagna 313.000 euro, 2.698 volte tanto.
«Non lo invidio. Magari li ha investiti male e con
la crisi delle Borse chissà che giorni sta passando.
Il mio stipendio in ospedale è di 3.300 euro
mensili. Lo ritengo adeguato. I colleghi pensano
che sia matto. Ma io non posso dimenticare
che tra un operaio della Fiat e un dirigente il
rapporto che prima era di 1 a 30 oggi è di 1 a
300. Non studi da medico per te stesso, per diventare
ricco o potente. Studi per dare».
Consiglierebbe a un malato di farsi curare dal
dottor House?
«No. Nemmeno io mi farei curare da lui. Di per
sé la scienza medica è la cosa più noiosa di questo
mondo. Ci vuole anche l’umanità. Un computer
legge l’elettrocardiogramma meglio di
un cardiologo eppure non ti sa guarire. Il difficile
è stare accanto al paziente, non al corpo del
paziente».
Qual è il caso clinico più arduo che le è capitato
nel corso della sua carriera?
«Donna, classe 1922, polipo nel colon. L’esame
istologico evidenziava la presenza di cellule tumorali,
ma il peduncolo del polipo ne era indenne.
Asportarle sono un tratto d’intestino? A Londra mi avevano insegnato che in
questi casi non
si opera. Sconsigliai l’intervento. Era il 1989. La
pazienteè ancora viva. Il medico deve prendersi
le sue responsabilità, altrimenti diventa un
passacarte».
Quando perde un malato per errore, presumo
che non vada a dirlo ai parenti.
«Fa parte dei limiti umani. Non è per autodifesa.
Perché dare un dolore aggiuntivo? “Chi pecca
contro il proprio creatore cada nelle mani del
medico”. Siracide, 38-15. Abbiamo una missione
divina. Non ve la potete prendere con noi:
siamo gli artefici di una giustizia».
Colleghi che assomigliano ad House ne ha?
«Eeeeh... C’è quello che ha operato in una clinica
privata una signora con perforazione intestinale,
alla quale avevo sconsigliato la chirurgia
laparoscopica, salvo doverla rioperare per
complicazioni due giorni dopo
col metodo tradizionale.
C’è quello che ha operato
per sospetto cancro al pancreas
e all’esame estemporaneo
non voleva ammettere
che si trattasse di pancreatite,
per cui ha proceduto a un
intervento demolitivo: il paziente
è morto, il tumore non
c’era».
Avranno cercato di fare del
loro meglio.
«Ma questa è la strada che
porta dritto al dottor Mengele!
Anche l’angelo sterminatore
di Auschwitz in fin dei
conti avrebbe potuto difendersi
affermando d’aver solo
tentato di fare esperimenti
crudeli allo scopo di salvare
molte vite umane. E infatti mio padre mi raccontava che al
processo di Norimberga gli americani
fecero impiccarei medicidei lager, i Brandt, i
Gebhardt, gli Hoven, soltanto un anno dopo la
sentenza, proprio per dar loro modo di trascrivere i
risultati gli esperimenti aberranti che avevano
condotto sui prigionieri, dall’immersione
nell’acqua ghiacciata per studiare glieffetti dell’assideramento
alle ferite infettate di proposito
per procurare il tetano o la cancrena».
House è odioso, eppure il pubblico televisivo lo
adora. Come si spiega?
«Perché a volte ha veramente ragione. Ci sono
malati che non vanno dal medico per sentire la
sua opinione bensì cercano un medico che abbia la
loro stessa opinione. Fanno indagini statistiche».
Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset,
ha detto che in momenti come questi, di crisi
profonda, non si dovrebbe produrre una serie
ansiogena come il «Dr. House».
«Ma è solo un gioco, per il telespettatore, che
dopo tutto dispone del telecomando e può cambiare
canale. L’audience elevato dimostra che è
una valvola di scarico».
Terza serie, terza puntata. Il ricercatore Ezra
Powell, affetto da amiloidosi in fase terminale,
chiede di morire e viene accontentato con
un’iniezione letale di morfina.
«Questa è eutanasia attiva, una forma di omicidio:
sono contrario. Se invece per eutanasia
passiva si intende la sospensione dicure straordinarie,
in alcuni casi sono d’accordo. Non praticare
l’emodialisi a un malato terminale con
metastasi cerebrale, appena operato per aneurisma
aortico, è eutanasia? In questo caso il rene
artificiale è una cura straordinaria. Però anche
una semplice flebo può diventarlo».
Nel caso di Eluana Englaro i giudici hanno reputato cure
straordinarie l’alimentazione e l’idratazione
col sondino nasogastrico.
«Queste sono cure ordinarie, non sono atti terapeutici,
esattamente come imboccare un malato
con le braccia fratturate. Quand’ero ufficiale
medico dell’Aeronautica, mi hanno insegnato
che in tempo di guerra bisogna distinguere tre
gruppi di pazienti: quelli che moriranno anche
se curati, quelli che guariranno anche se non
curati, quelli che vivranno solo se curati. Ci si
deve concentrare sul terzo gruppo. Ma per il
medico è una tragedia».
Va riconosciuto il diritto di ciascuno a porre
termine ai propri giorni?
«La vita è un bene che non rientra nella disponibilità
dell’individuo».
Ha mai avuto pazienti che le hanno chiesto di
farli morire?
«Mai».
Terza serie, dodicesima puntata. Eve è stata
violentata e il dottor House la convince ad abortire.
«Non credo che un medico debba assegnarsi
questo compito. Dopo uno stupro l’interruzione
di gravidanza può diventare il prezzo che la
virtù paga al vizio. Sono contrario all’aborto,
maogni caso fa storia a sé. E comunque non mi
sentirei di condannare Eve».
Il termine «malasanità» che reazione provoca
in lei?
«Qualchevolta c’è del vero. Ma chi lo pronuncia
dovrebbe prima andare a vedere che cosa accade in civilissime
nazioni come l’Austria. Al Fatebenefratelli di Vienna arrivò un polacco
col polso
distrutto: era stato rifiutato dal pronto soccorso
dell’ospedale centrale solo perché non
aveva i documenti in regola. Lo ingessammo
noi. Qui all’Umberto I abbiamo messo il pacemaker
a una filippina con un disturbo cardiaco
anche se era clandestina. In Italia la macchina
cuore-polmone si può staccare solo quando
l’elettroencefalogramma è piatto. Negli Usa, come si
vede in Dr. House, per contenere i costi la
spengono anche ai cardiopatici che stentano a
riprendersi. Michael Moore nel film Sicko ha
mostrato che farsi riattaccare il dito medio negli
ospedali americani costa 60.000 dollari,
12.000 l’indice. Se ti amputi entrambi i diti e
non hai l’assicurazione, ti tocca scegliere quello
che costa meno. Qui in Italia il solo dirlo provoca
ribrezzo».
Fanno bene i malati italiani
che vanno a curarsi al Memorial
Sloan-Kettering di New
York o alla Mayo Clinic di Rochester?
«No, offendono la scienza e
l’impegno di tantissimi colleghi
che non hanno nulla da
imparare dal dottor House.
Dovrebbero andare nel piccolo
ospedale di Spoleto, un
gioiello della sanità, dove ci
sono reparti d’eccellenza come
quello che cura la leucemia
e le patologie del midollo
osseo, fondato dal professor
Franco Mandelli, un ematologo che tutto il mondo c’invidia».
«Preferisci un medico che ti
tiene la mano mentre muori
o uno che ti ignora mentre migliori?», è la frase
tipica di House. Lei quale dei due preferisce?
«Il secondo. Ma il primo non è meno bravo».
Che cosa dice ai malati che non hanno più speranze?
(Si prende la testa fra le mani, abbassa lo
sguardo, si schiarisce la voce, pensa a lungo.
«Niente. Posso solo accompagnarli, passo dopo passo. Nessuno di noi conosce il giorno e l’ora».
(428. Continua)
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