Medio Oriente, l’allarme del Papa: «Si rischia un bagno di sangue»

In Medio Oriente serve «uno sforzo internazionale urgente» prima che i conflitti portino «a uno spargimento maggiore di sangue». È preoccupato l’appello che Benedetto XVI rivolge da Cipro alla comunità internazionale, chiedendo di non dimenticare le minoranze cristiane.
Il culmine del primo viaggio di un Papa nell’isola evangelizzata nell’età apostolica è la messa celebrata nel palazzo dello sport a Nicosia, e la consegna del testo base per i lavori del Sinodo sul Medio Oriente che si terrà in ottobre. Benedetto XVI ha voluto ricordare la figura del vescovo Padovese, assassinato nei giorni scorsi in Turchia, dicendosi «colpito» e ricordando «quanto egli si impegnò per la mutua comprensione in ambito interreligioso e culturale e per il dialogo tra le Chiese».
Ratzinger ha quindi citato le «grandi prove» che alcune comunità cristiane soffrono in queste regioni e il prezioso contributo al bene comune portato dai cristiani, definiti «artigiani della pace». «Voi – ha aggiunto – desiderate vivere in pace ed in armonia con i vostri vicini ebrei e musulmani. Voi meritate la riconoscenza per il ruolo inestimabile che rivestite. È mia ferma speranza che i vostri diritti siano sempre più rispettati».
Il Papa ha dunque chiesto alla comunità internazionale di non dimenticare ai cristiani che soffrono «a causa della loro fede», auspicando «soluzioni giuste e durature ai conflitti» esistenti. E ha ripetuto il suo «appello personale» per «uno sforzo internazionale urgente e concertato al fine di risolvere le tensioni che continuano nel Medio Oriente, specie in Terra Santa, prima che tali conflitti conducano a uno spargimento maggiore di sangue». Prima di ripartire, Ratzinger ha parlato «della triste divisione dell’isola» e della «perdita di una parte significativa di un’eredità culturale che appartiene a tutta l’umanità». Un riferimento alle antiche chiese abbandonate o distrutte nella parte nord dell’isola occupata dai turchi. Non è avvenuto, infine, l’incontro con Yusuf Suicmez, capo degli Affari religiosi della Repubblica turca di Cipro del Nord: non si esclude che il mufti sia stato trattenuto con lungaggini burocratiche al check point dai greco-ciprioti.
Nell’«Instrumentum laboris» del Sinodo è contenuta una notevole preoccupazione per l’islam politico che si è imposto con la violenza nelle società arabe, e per l’islamizzazione forzata dei cristiani, e la denuncia di violenze e ingiustizie che finiscono soltanto per essere sfruttate dal terrorismo.
Il documento mette in guardia dalla crescita dell’islam politico, che vorrebbe «imporre un modo di vita islamico alle società arabe, turche o iraniane e a tutti coloro che vi vivono, musulmani e non musulmani», non esitando talvolta «a ricorrere alla violenza». Grave la situazione in Egitto, dove la vita dei cristiani viene «esposta all’intolleranza, alla disuguaglianza e all’ingiustizia. Inoltre, questa islamizzazione penetra molto nelle famiglie anche mediante i mass media e la scuola, modificando le mentalità».

L’«Instrumentum laboris» insiste sul «cammino comune» che musulmani, ebrei e cristiani «devono percorrere», e invita questi ultimi a non chiudersi in un ghetto per la paura ma a essere consapevoli di rappresentare «una componente essenziale» del Medio Oriente. Il documento contiene infine una critica all’occupazione israeliana dei territori palestinesi, definita «un’ingiustizia politica».

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