Economia

Mediobanca conferma il patto di sindacato E per il post-Geronzi spunta l’ipotesi Grilli

I soci di Mediobanca hanno liquidato rapidamente venerdì scorso la vicenda dei conti (non entusiasmanti, ma di questi tempi è meglio accontentarsi) e hanno parlato del loro futuro e del patto di sindacato che lega i proprietari del 45,24% della banca di piazzetta Cuccia presieduta da Cesare Geronzi. Questo accordo di blocco scadrà il 31 dicembre, ma i partecipanti se vogliono disdirlo devono darne notizia entro il 30 settembre prossimo. Finora non sono arrivate indicazioni in questo senso al presidente del patto, che è lo stesso Geronzi. Alcuni imprenditori esterni desiderosi da tempo di entrare nel salotto buono (come Mario Moretti Polegato e Nerio Alessandri) sperano che qualcuno rinunci per poterne prendere il posto; altri che sono parte del patto vorrebbero, senza uscirne, che si rimescolassero le carte creando nuovi equilibri di potere a loro più favorevoli. Ma quasi certamente non si verificherà nessuno dei due eventi.
Anche se nulla di ufficiale è stato comunicato, l'orientamento che sembra prevalere è quello di lasciare le cose come stanno. Così il patto verrà automaticamente rinnovato per un biennio. Un esito che segna un successo per Geronzi e i soci (a incominciare dai francesi) che lo hanno voluto alla presidenza e lo hanno appoggiato quando si è deciso di abbandonare la governance duale concentrando le leve di comando, per così dire politiche, nelle mani del banchiere romano. E questa linea dà anche delle indicazioni precise sulla direzione che prenderà la vicenda del rinnovo dei vertici delle Generali quando, nel 2010, l’attuale presidente, l’85enne Antoine Bernheim, sarà sostituito: a guidare i giochi delle nomine di questa che è da sempre considerata la partita più complessa e importante della finanza italiana, sarà l’attuale governance di Mediobanca in quanto prima azionista, con il 15%, del Leone. Da tempo i media scrivono che è proprio Geronzi il più probabile candidato alla poltrona di Bernheim.
L’interessato ha sempre smentito l'ipotesi e lo ha fatto anche recentemente. Però non si può escludere che alla fine il passaggio avvenga, anzi molti ci scommettono. Il che aprirebbe a sua volta un problema di successione molto delicato perché non è facile trovare il nome giusto cui affidare la guida di quella banca di sistema che è piazzetta Cuccia, partecipata dai gruppi più importanti dell’industria e della finanza italiana (o almeno da quello che ne resta) con una presenza influente e attiva di azionisti stranieri pronti a cogliere ogni occasione per salire e contare di più.
In piazzetta Cuccia, la gran parte della struttura vedrebbe con grande favore una crescita interna, cioè l’ascesa dell’attuale amministratore delegato, Alberto Nagel, alla presidenza e la successiva promozione del direttore generale Renato Pagliaro ad amministratore delegato. Ma è un’ipotesi debole perché la scelta del numero uno di Mediobanca sarà più politica che manageriale. La decisione, ovviamente, sarà degli azionisti. Ma altrettanto ovviamente conterà il parere del governo, perché si tratta di decidere a chi affidare la banca che ha in mano le più importanti partite dell’economia nazionale (la sorte di Telecom Italia, tanto per citare uno dei casi più attuali). E ha infatti un netto marchio di palazzo lo scenario che si sta delineando per un eventuale dopo-Geronzi a Mediobanca. Il candidato di cui si parla è Vittorio Grilli, il direttore generale del Tesoro, un grand commis stimato da tutti (anche da Geronzi), il cui ruolo al ministero forse adesso sta perdendo un po’ di peso per la crescita del capo di gabinetto, Vincenzo Fortunato, sicuramente la persona più ascoltata da Giulio Tremonti.

Anche per questo Grilli potrebbe prendere in considerazione un’ipotesi Mediobanca qualora davvero si concretizzasse.

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