da Milano
Mediolanum è «corteggiatissima», soprattutto dallestero, ma non ha bisogno di alcun matrimonio «per essere più competitiva sul mercato»: ad assicurarlo è stato lamministratore delegato Ennio Doris dopo aver portato il proprio gruppo a chiudere lo scorso anno con 33,5 miliardi di masse amministrate (più 10%) a fronte di una raccolta netta in crescita del 27% a 2,469 miliardi (più 30% quella lorda). «Qualsiasi aggregazione potrebbe inquinare il nostro modello di business», ha proseguito Doris, evidenziando lunicità della struttura adottata e la difficoltà di ottenere sinergie in una potenziale aggregazione anche se «questo non esclude che se arrivasse una proposta interessante non la prenderemmo in considerazione».
Almeno per il momento Mediolanum rimane, quindi, autonoma con la sicurezza aggiuntiva di non temere eventuali scalate ostili visto che la maggioranza del gruppo è nelle mani dello stesso Doris e di Fininvest. Tranquillità che, secondo il top manager, caratterizza anche i grandi soci di Mediobanca davanti alle ripercussioni su Capitalia (cui fa capo il 9% della merchant bank milanese) della scalata di Barclays ad Abn Amro: il patto di Piazzetta Cuccia «è molto solido, non cè preoccupazione per quanto mi costa». Tornando a Mediolanum il 2006 ha, tuttavia, subito una battuta darresto dellutile netto (meno 4% a 223,7 milioni).
Flessione che ha provocato qualche scossone in Piazza Affari (meno 2,7% il titolo in chiusura), ma motivata da Doris con il minor apporto, rispetto allanno precedente, delle commissioni di performance. Variabile legata allandamento dei mercati, al netto della quale lutile ante imposte sarebbe migliorato del 47 per cento.
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