Il Meeting dà la sveglia al mondo cattolico: la bioetica non basta

Una volta in Italia c’era l’unità politica dei cattolici, oggi c’è rimasta l’unità bioetica dei cattolici. Tutto questo è legittimo, per carità, ma nasconde anche un tranello.
Dal 1993, l’anno della dissoluzione dell’impero democristiano, ci sono rimasti i democristiani (c’è chi sostiene che rappresentino una vera e propria razza con caratteristiche genetiche più che politico-culturali) ma la Dc non c’è più e con essa si è liquefatta anche l’unità politica. Ognuno va dove vuole e vota per chi vuole. Anche prima, intendiamoci, non tutti votavano per la Dc ma essa rappresentava il correlato politico dell’unità religiosa dei cattolici stessi. Ora la diaspora è ufficiale.
Dopo il 1993 i cattolici italiani li ha guidati, come ha ricordato giustamente Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, il capo dei vescovi italiani, Camillo Ruini e si è attuata la svolta: il passaggio, appunto, dall’unità politica all’unità bioetica. Quest’unità si è vista nelle aule parlamentari dove i politici cattolici eletti dal popolo nei vari schieramenti si sono uniti e divisi quasi esclusivamente sui temi bioetici. Si vide anche nel popolo dove su indicazione esplicita del cardinal Ruini il 75 per cento degli italiani si astenne nel referendum sulla procreazione assistita. Ci fu chi insorse e sostenne che la Chiesa non doveva impicciarsi in cose della politica ma il popolo andò dall’altra parte. Si potrebbe dire che il Cardinale Camillo aveva provocato una breccia di Porta Pia ma in direzione contraria.
Fin qui, e visto che si parla di cose di Chiesa diciamolo in latino, nulla quaestio.
Il problema allora dove sta? Che l’unità bioetica dei cattolici può rappresentare un alibi a non impegnarsi a ricreare un pensiero e delle proposte in altre materie delle quali oggi c’è più bisogno che mai: diritto internazionale, politica economica, politica sociale, solo per fare degli esempi. Quel lungo sonno dei cattolici potrebbe continuare ancora per molto. Prima c’era l’alibi dell'unità politica per cui potevano dormire sonni tranquilli. Dopo il grande economista-giurista Ezio Vanoni chi è stato un pensatore cattolico in quelle materie all’altezza? Quali contenuti, idee, progetti rilevanti, innovativi, si possono ascrivere alla elaborazione autonoma dei cattolici nostrani?
Questo è il pericolo, il sonno dell’elaborazione teorica e pratica. Nessuno nega l'importanza centrale, fondamentale, delle questioni bioetiche, per carità. Ma nessuno può negare la pari importanza delle questioni economico-giuridiche e sociali.
In questa settimana c’è stato l’annuale Meeting di Cl a Rimini, la Cernobbio (in grande e popolare) cattolica.
Lì si discute molto di questi temi. Per fortuna non si fermano lì. Grazie all’intuizione di Giorgio Vittadini la Fondazione della Sussidiarietà, da lui presieduta, elabora contenuti proprio nelle materie che dicevamo. Per fortuna, se no anche quella sarebbe una kermesse e basta.
Sempre in questa settimana, senza il clamore dell’evento di Cl, in un piccolo paesino nel Trentino, a Sfruz, si sono radunati i responsabili dei Centri per la Dottrina Sociale della Chiesa. Un’iniziativa nata dall’impegno di un prete veronese, Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo.

Anche lì per tre giorni hanno discusso insieme a gente delle più diverse estrazione come far uscire l’insegnamento sociale della Chiesa dall’astrattezza e dalla retorica per trasformarlo in pensieri e proposte utili per il dibattito politico-economico.
Sono segnali incoraggianti che vanno nella direzione di non addormentarsi con la bioetica ma di affiancare ad essa tutto il resto che ha almeno pari dignità.

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