Meglio non lasciare l’educazione sessuale in mano agli «esperti»

Caro Granzotto, vorrei sollevare un problema sociale - che riguarda le famiglie come la mia con figli ancora piccoli - molto trascurato, sebbene di notevole importanza e che definirei proprio vitale. È noto che la soglia di ingresso nel mondo della sessualità si è negli ultimi tempi paurosamente abbassata e che le prime esperienze avvengono già a 14-15 anni. Esperienze alle quali i minori vanno incontro forti solo di una «educazione» che gli viene soprattutto dal cinema e dalla televisione, cioè allo sbaraglio. Qui a Roma in certe scuole elementari sono stati istituiti corsi di educazione sessuale, ma temo che rappresentino un ulteriore invito ad anticipare i tempi, dando ai ragazzi la falsa sicurezza di poter padroneggiare la materia. Cosa fare? Spetterebbe a noi genitori informare e educare i figli alla sessualità, ma come si fa con adolescenti che quando sentono la storia della cicogna si mettono a ridere? Dovrà esserci un rimedio alla travolgente banalizzazione del sesso delle nuove generazioni. Lei cosa ne pensa?
Roma

Sa come si dice, caro lettore: chi lascia la vecchia strada per la nuova... L’umanità è andata avanti e nemmeno tanto male lasciando che in quell’àmbito le cose procedessero per conto loro. Nei casi disperati intervenivano i genitori o le esperienze di amici o amiche «del cuore» che avevano avuto occasione di far pratica. Capitava anche che a rompere il ghiaccio fosse chiamato un estraneo purché di comprovata autorità morale. È nota la storia di Francesco II, Franceschiello per i detrattori, «Lasagna» per il padre. Maritatosi con la sorella di Sissi, la bella Maria Sofia di Baviera, se la ritrovò nel talamo senza sapere come procedere. Ignorando lo stesso abbiccì del rapporto sessuale, le stampava un bacio sulla fronte, si girava dall’altra parte e buonanotte ai suonatori. Assai scocciata, Maria Sofia si confidò allora con la cameriera privata, la vispa Nina Rizzo, e questa, non avendo udienza presso i sovrani, pensò bene di rivolgersi a monsignor Nicola Borrelli, il confessore di Francesco, sollecitandolo a «’mparà ’o principe, che nun sape niente». Don Borrelli procedette e alla sposina tornò il sorriso. Più facile di così...
A renderle difficili le cose facili ci ha pensato quell’iradiddio della psicosociologia di massa sostenendo che la sfera sessuale è cosa troppo seria per affidarne la cura ai don Borrelli o a quel vecchio e inadeguato rottame della società che è la famiglia. Così trasse dal cilindro l’«educazione sessuale» freddamente, asetticamente praticata da «esperti». Credo che lì per lì le famiglie trassero un sospiro di sollievo per esser state esonerate da un compito così delicato e alla fin fine scomodo. Ma visti i pessimi, talvolta drammatici risultati, quelli che lei lamenta, caro lettore, molte son tornate sui propri passi. Non si spiegherebbe altrimenti un sorprendente fenomeno editoriale come la persistente presenza nell’elenco dei libri più venduti di Educazione sessuale a fumetti di Pierluigi Diano. Quando lo vidi per la prima volta in classifica, rimasi di sasso: un librino che racconta, aiutandosi coi fumetti, poi, «come nasce la vita e cresce l’amore» fra i colossi della letteratura e della saggistica? Perché no? Intanto lo ha scritto e illustrato un «medico di famiglia» e già questa qualifica suona rassicurante. Poi è una sorta di quieto vademecum per spiegare certe cose senza farfugliare di cavoli e di cicogne.

Infine, un ottimo antidoto, come l’aglio per i vampiri, alla devastante, provocatoria didattica degli «esperti». E si vede che di antidoti del genere le famiglie ne avvertono un gran bisogno: per tornare all’antica, diciamo pur così.

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