«Meno deputati già tra 4 anni»

RomaMinistro Roberto Calderoli, sul tema della riduzione del numero dei parlamentari Berlusconi è salito sul Carroccio?
«In effetti è un nostro cavallo di battaglia. È un provvedimento che abbiamo già fatto approvare nella XIV legislatura che poi la sinistra ha sabotato».
Il famoso referendum del 2006?
«In quella occasione eravamo a un passo dall’obiettivo: fine del bicameralismo perfetto, meno deputati e senatori, più poteri al presidente del Consiglio».
I capponi e i tacchini quindi sono a sinistra?
«Allora spinsero per il “no” dicendo un mucchio di falsità. Lo fecero per smarcarsi e vincere le elezioni. E arrivò il risicatissimo successo dei 25mila voti».
Berlusconi s’è «pontidizzato»?
«Be’, prima i respingimenti ora il taglio al Parlamento pletorico: bandiere che all’inizio sventolava solo il Carroccio. Va bene così».
Ma allora ha ragione Casini a dire che nella maggioranza comanda la Lega?
«Ma che fesserie! Non comanda nessuno. In politica ci sono proposte buone o cattive, a prescindere da chi le fa. Ma comprendo gli vengano le coliche a votare un nostro progetto seppur condiviso».
La Russa s’è detto pronto alla raccolta di firme. E voi?
«Tutto quello che arriva dalla gente per noi va bene. Se c’è una spinta del popolo per ridurre i parlamentari siamo d’accordo ma la riforma deve essere complessiva».
Parliamo dei tempi.
«Prima dell’estate il codice delle autonomie e poi la riforma della Costituzione. Direi che si potrebbe avere il taglio già dalla prossima legislatura».
Cento deputati: troppo pochi?
«Non mi fisserei sul numero. Allora perché non cinquanta o centocinquanta? Credo sia più ragionevole trecento-quattrocento per la Camera e duecento per il Senato. Ma il problema è un altro».
Ossia?
«Far prendere coscienza ai senatori che assumerebbero caratteristiche diverse ma non per questo perderebbero potere. Il nostro Senato diventerà come il Bundesrat tedesco».
Ma il Bundesrat non vota la fiducia al governo.
«Sì ma rappresenta i Länder e volendo fanno ballare eccome il cancelliere».
Auspica il metodo Calderoli anche su questo tema? Riforme condivise?
«Sì. I toni, oggi, sono accesi perché ci sono le elezioni alle porte. Dopo le urne riforme con tutti: voglio vedere chi alla fine non ci sta».
Referendum: passa il sì. Che fate?
«Non mi auguro mai che capitino simili sciagure».
Sciagure per il Carroccio.
«Per la democrazia: potrebbe accadere che un partito abbia alla Camera una maggioranza bulgara e in Senato risicatissima. Che razza di governabilità avremmo?».
Riforma della giustizia: vero che la Lega è più cauta?
«Per fortuna non ho in mano questo settore. Nessuna cautela, comunque. Basta sedersi a un tavolo e discutere, come sul caso intercettazioni: non vedo ostacoli particolari».
Sentenza Mills: giustizia a orologeria?
«Non ci faccio più caso, come la maggioranza degli italiani».
Il premier dovrebbe andare in Parlamento a chiarire o no? E se sì quando?
«Per me vorrebbe dire mischiare due aspetti: quello del suo ruolo politico e quello del suo ruolo imprenditoriale. Sono temi che non sfiorano l’operato del governo».
Caso Noemi: vicenda privata o affare di Stato?
«Spiace se questo abbia contribuito a una rottura di un matrimonio che è sempre doloroso ma è affare privato. La vicenda dovrebbe interessare soltanto Novella 2000 o Stop».
Che fine ha Fini? Lavora per il dopo Berlusconi?
«Cerca visibilità ma credo che il dopo Berlusconi sia lontano. Non ci dà particolarmente fastidio, anzi. Più mette i suoi puntini sulle “i” più porta voti al Carroccio».
Sta facendo campagna elettorale?
«Giro come una trottola e vedo un consenso enorme, proporzionato allo sfacelo del Pd».
Le ragioni dello sfacelo?
«Povera sinistra: sia l’elettorato che i candidati. Franceschini dice “no” ai respingimenti e un’ora dopo è contraddetto da Chiamparino e Fassino. Dice “sì” al referendum e un’ora dopo Rutelli lo corregge. Ma che linea ha?».
E Di Pietro gongola.


«Tutti i giorni rosica voti al Pd e s’è ritagliato il ruolo di sinistra estrema».
Ma sul federalismo fiscale ha votato sì lasciando il ruolo di bastian contrario all’Udc.
«Casini ha votato “no” soltanto per diversificarsi ma temo che di federalismo non sappia nulla».

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