Mercato nero dei 730, Visco finisce dal Pm E il Codacons chiede 20 miliardi di danni

Dopo la pubblicazione dei dati i magistrati di Roma aprono un fascicolo per violazione della privacy: l’ex ministro convocato come persona informata dei fatti. Il Codacons chiede un maxi risarcimento

Mercato nero dei 730, Visco finisce dal Pm 
E il Codacons chiede 20 miliardi di danni

da Roma

Nel giorno in cui la procura di Roma apre un’inchiesta per violazione della privacy e fa sapere che sarà perseguito (rischiando tre anni di carcere) chiunque userà i dati relativi alle dichiarazioni dei redditi sottratti dal sito dell’Agenzia delle Entrate «facendone un uso proprio», esplode l’ira della Guardia di finanza. Dopo il durissimo affondo dell’ex comandante generale Roberto Speciale, tocca al Cocer della Gdf attaccare Vincenzo Visco per la divulgazione on line degli elenchi dei contribuenti. Se Speciale si era soffermato sulla denuncia-flop del viceministro dell’Economia per gli accessi all’anagrafe tributaria finalizzati a spiare i redditi dei coniugi Prodi, «denuncia fatta nella convinzione che dietro ci fossero i miei finanzieri», il Cocer delle Fiamme gialle va oltre. Sollevando tre questioni: la follia della pubblicazione di dati sensibili, l’asse di ferro tra gli uffici di via XX Settembre e l’Agenzia delle entrate, la strisciante campagna ordita dal governo per incastrare 28 colleghi sospettati d’aver fatto le pulci al premier, finanzieri perquisiti, indagati, interrogati, sospesi dal servizio, sottoposti a procedimenti disciplinari. E alla fine, prosciolti perché il fatto non sussiste.
Tra i delegati del Cocer dei baschi verdi, non tira una bella aria. Il primo a sparare bordate è il «sindacalista» Salvatore Trinks: «Le iniziative di Visco si commentano da sole, specie da quando ha stretto un patto d’acciaio con l’Agenzia delle entrate», diventata una sorta di braccio armato del viceministro. «Visco e l’Agenzia sono legate da un ferreo cordone ombelicale», e i segnali più inquietanti si sono appalesati «allorché la Gdf venne incredibilmente tagliata fuori dagli accertamenti sugli intestatari italiani dei conti correnti in Liechtenstein». Ma c’è di più. «Tantissimi colleghi sono stati rovinati dalla caccia alle streghe scatenata da Visco. Mesi e mesi d’inferno, per accertare che i finanzieri avevano svolto accertamenti su Prodi solo perché sollecitati da qualche Procura. Il paradosso è che Visco accusava noi di aver curiosato in una banca dati che lo stesso Visco, oggi, dice essere di dominio pubblico. Una follia». All’interno del Cocer la sortita del viceministro sui redditi nel web è considerata uno «shock», proprio perché lo stesso rappresentante del governo un anno e mezzo fa invocava le manette per i militari infedeli. «Ha trasformato il Paese in 56 milioni di finanzieri, con l’aggravante che oltre alle cifre stavolta è diventato pubblico anche il domicilio». Salvatore Scino, figura storica del Cocer, insiste: «Chi ripagherà ora delle indicibili sofferenze quei militari finiti nei guai per fatti rivelatisi inesistenti e che hanno speso migliaia di euro in avvocati? Visco ha smentito se stesso con una semplicità disarmante, dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza e chiedere almeno scusa ai finanzieri e ai cittadini. Alla notizia delle pubblicazione degli elenchi - continua Scino - non credevamo fosse vero. In nessun Paese al mondo succede una cosa così, è un’assurdità. Per noi che di questa materia ne mastichiamo più di chiunque altro, la pubblicazione indiscriminata rappresenta un irragionevole controsenso. Ma di più è inutile dire. Questo governo ci ha dato solo schiaffi in faccia, e la decisione di divulgare i redditi di tutti è uno schiaffo agli italiani». Un altro delegato Cocer, Maurizio Dori, si dice a dir poco «allarmato» per la diffusione dei redditi su internet: «Si parla di privacy ma la normativa andrebbe rispettata davvero. Sono un garantista per natura, e sarebbe stato meglio che il viceministro avesse pensato a focalizzare la sua attenzione su chi froda il fisco anziché pubblicizzare, indiscriminatamente, i nomi dei contribuenti. Nella Finanza c’è sconcerto e imbarazzo per quest’ultimo fatto, da più parti definito increscioso. Speriamo che Tremonti riporti un po’ di serenità e che fatti come questi non accadano mai più». Nel frattempo la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per «violazione della privacy» partendo dal presupposto che la pubblicazione di dati, anche non sensibili, va sottoposta comunque a tutela per non esporre a inutili rischi i contribuenti. La divulgazione indiscriminata dei dati potrebbe causare problemi seri ai titolari dei 730 e dei 740. Il pm Ionta ha deciso di ascoltare nelle prossime ore il direttore dell’Agenzia delle entrate, Massimo Romano, e sta valutando se fare altrettanto con l’ex viceministro Visco per identificare chi abbia ordinato, e seguendo quali linee guida, l’inserimento degli elenchi nello sterminato universo di internet.

Solo dopo aver raccolto le testimonianze, ricostruita la catena di comando, esaminato il dossier della polizia postale, la Procura capitolina deciderà se iscrivere qualcuno sul registro degli indagati. Per la cronaca, qualora dovesse sfilare a palazzo di giustizia, Visco lo farà come persona informata sui fatti.

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