Il mercato punta su un aumento dei tassi anticipato al 3 agosto e sulla possibilità che la Federal Reserve interrompa il lungo ciclo di rialzi del costo del denaro La Bce spinge l’euro oltre quota 1,28 dollari

Decisivi i prossimi dati su inflazione, vendite al dettaglio e disoccupazione. Non si esclude una manovra da mezzo punto

Rodolfo Parietti

da Milano

Le ripetute sottolineature della Bce sulle crescenti tensioni inflazionistiche non sono sfuggite ai mercati. Che ora, cominciando a ipotizzare mosse sui tassi anticipate rispetto al previsto da parte dell’istituto guidato da Jean-Claude Trichet, si stanno riposizionando con maggiore decisione sull’euro. La moneta unica ha infatti sfondato ieri il muro di 1,28 dollari (1,2894 il massimo di seduta), aiutata anche dai deludenti dati dell’indice manifatturiero americano, calato a 53,8 in giugno, sotto alle attese. Le aumentate possibilità di un prossimo rallentamento dell’economia Usa, del resto, potrebbero indurre la Federal Reserve a mettere in stand by la politica monetaria, interrompendo la catena dei 17 aumenti consecutivi.
In ben altra direzione si muove invece la Bce. La riunione di dopodomani del consiglio dell’Eurotower non porterà quasi certamente variazioni nella politica monetaria, ma gli osservatori aspettano dalla conferenza stampa di Trichet indicazioni tese a rafforzare ulteriormente le aspettative di una nuova stretta il prossimo 3 agosto, piuttosto che il 31 agosto come era nelle previsioni fino a qualche giorno fa. Un cambiamento del timing negli orientamenti strategici dell’istituto di Francoforte non sarebbe solo simbolico, soprattutto se l’anticipo fosse accompagnato da quella mossa aggressiva di cui il board ha già discusso in occasione del vertice dello scorso 8 giugno a Madrid.
Un giro di vite di mezzo punto porterebbe i tassi al 3,25%, due punti in meno rispetto a quelli americani. Si tratterebbe di un segnale deciso, ma al tempo stesso di chiarezza sulla volontà della Bce di agire con fermezza per contrastare l’ascesa dei prezzi al consumo (al 2,5% in giugno) e di drenare l’eccesso di liquidità, ai massimi degli ultimi tre anni in maggio, presente nel sistema. Una misura così forte dovrebbe però essere sostenuta da un quadro macroeconomico stabilizzato sul versante della ripresa. In caso contrario, Trichet si troverebbe esposto alla critiche dei governi di Eurolandia, che in più di un’occasione hanno invitato Francoforte a essere cauta nel manovrare le leve monetarie.
I prossimi dati congiunturali dovrebbero comunque confortare il banchiere francese. Secondo le previsioni, il tasso di disoccupazione dovrebbe essere sceso nella euro zona all’8% in maggio, ai minimi dell’ultimo quadriennio, e le vendite al dettaglio essere cresciute per il secondo mese consecutivo. Proprio i consumi privati erano considerati dalla Bce il tassello ancora mancante all’interno di un ciclo economico favorevole grazie alla domanda internazionale e al ritorno degli investimenti da parte delle imprese.
Resta inoltre da chiarire la posizione della Fed.

Nella riunione di giovedì scorso, in cui è stato deciso di alzare i tassi di un quarto di punto al 5,25%, la banca centrale Usa ha annunciato che future strette dipenderanno dai prossimi dati. Secondo gli analisti, in presenza di una decelerazione dell’economia Usa, è probabile che possa giungere al termine il lungo periodo (è iniziato nel giugno 2004) della politica monetaria sempre più restrittiva.

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