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La Merkel inverte la rotta: «Tbilisi entrerà nella Nato»

Stretta tra gli Stati della nuova Europa - tra Lituania e Polonia - sulle rive del Baltico c’è Kaliningrad, enclave russa e porto, base navale della flotta di Mosca che, scrive il Sunday Times, la Russia è pronta ad armare con testate nucleari.
È la risposta del Cremlino, dice il giornale inglese, alle recenti mosse degli ultimi arrivati nell’Ue: quei Paesi che fin dalla prima ora del conflitto nel Caucaso hanno appoggiato Tbilisi, i cui leader sono scesi in piazza con il georgiano Mikhail Saakashvili. Varsavia dopo aver firmato giovedì con Washington l’accordo sullo scudo spaziale è stata minacciata da Mosca: «La Polonia si espone al cento per cento a un attacco», ha detto il generale Anatoly Nogovitsyn, vice capo delle Forze armate russe. Il segretario americano alla Difesa, Robert Gates, ha replicato definendo il monito russo «vuota retorica».
L’Ucraina, dopo aver ristretto il movimento della flotta di Mosca dal porto di Sebastopoli, sul mar Nero, ha detto di voler far parte del sistema antimissilistico americano, che la Casa Bianca pensa in funzione anti iraniana e Mosca ostacola perché lo percepisce come minaccia.
Fonti militari avrebbero detto al Sunday Times che, considerata la determinazione americana a installare lo scudo in Europa, l’establishment militare russo starebbe rivedendo le proprie strategie. A partire dalle coste di quei Paesi baltici fortemente pro americani, tra cui l’Estonia - tra i primi a far partire aiuti in favore della Georgia - e la Lituania, altro Paese disponibile a ospitare lo scudo.
Il conflitto nel Caucaso ha accelerato i tempi e ha convinto Varsavia, da mesi incerta sull’accordo con Washington, a firmare mentre in Georgia avanzavano i carri armati russi; ha reso coraggiosa l’Ucraina, assieme a Tbilisi candidato membro dell’Alleanza atlantica il cui dossier sarà discusso martedì a Bruxelles, quando i ministri degli Esteri del Consiglio atlantico s’incontreranno. Mosca è contraria all’entrata delle due ex Repubbliche sovietiche nella Nato: non gradisce l’espansione dell’Alleanza fino alle porte di casa.
In queste ore, si è finalizzato l’accordo per la costruzione di un altro sistema antimissilitico in funzione anti iraniana: un radar che sarà costruito nel Negev. Se ne parlava da tempo, ma Israele e Stati Uniti hanno firmato l’intesa proprio ieri, mentre la nascita dello scudo spaziale europeo faceva montare le tensioni tra Russia e Paesi vicini. Il radar israeliano «sarà integrato alla rete d’allarme americana e gestito da personale militare americano - spiega al Giornale Ephraim Kam, vicedirettore del Jaffee center di Tel Aviv ed ex membro dell’intelligence militare israeliana - non sarà connesso con il sistema dell’Europa, anche se la minaccia è la stessa, l’Iran».
Il sistema avrà un livello doppio e triplo d’identificazione e potrebbe essere utile in caso d’attacco di Teheran: è infatti capace d’individuare missili a 2.000 chilometri di distanza (l’Iran si trova a 1.600 chilometri da Israele). Sarà pronto, scrive Haaretz, nel 2009 (quello europeo dovrebbe essere completato nel 2010), forse addirittura questo autunno, per permettere un’integrazione con il sistema missilistico di difesa locale, Arrow.

Secondo Kam, radar a parte, la presenza di personale militare americano sul suolo israeliano crea una deterrenza: colpire il sistema significherebbe colpire l’esercito americano.

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