La dolce vita, cinquant'anni dopo. E fa quasi sorridere che Milano celebri l'anniversario di un film che mezzo secolo fa, nella sua anteprima meneghina, vide il suo regista accolto a suon di sputi e insulti. Polemiche che fecero temere il sequestro della pellicola per motivi di ordine pubblico. La colpa di Federico Fellini? Essere contro la borghesia, lui, che con i Vitelloni (ve lo ricordate il gesto dell'ombrello rivolto da Sordi ai lavoratori di un cantiere?), dimostrò di esserne l'interprete principale, nostalgico e malinconico.
Quelle contestazioni contribuirono a creare il mito non solo della pellicola, giustamente ancora celebrata, ma anche del regista che, a torto o a ragione, è stato il più osannato tra gli autori italiani; certamente, il più premiato, in Italia e allestero, specie Oltreoceano. Tocca alla Cineteca Italiana, allo Spazio Oberdan di via Vittorio Veneto 2 (info: 02-77406316, www.cinetecamilano.it), stendere la passerella virtuale sulla quale far sfilare ventun titoli del cineasta riminese, attraverso la retrospettiva «Federico Fellini» che da oggi - e fino al 7 marzo - ripercorrerà la carriera di un maestro assoluto del cinema. Una selezione di opere tra le quali non potevano mancare quelle più conosciute dal grande pubblico. A cominciare, ovviamente, dai dolori del giovane Marcello raccontati nella citata e festeggiata La dolce vita, proiettata sabato 13. Da non perdere è Amarcord, domani, che in dialetto romagnolo significa «mi ricordo», Oscar per il miglior film straniero, ennesima testimonianza del suo cinema autobiografico che si concretizza, qui, in un omaggio alla sua adolescenza riminese. Il bidone, in onda oggi, pellicola non esaltante, può essere collocata all'interno di una potenziale quadrilogia che comprende anche I vitelloni, il 17, La strada, pure questo oggi, primo film a vincere il premio Oscar come miglior film straniero, e Le notti di Cabiria, domenica 14, altro premio Oscar vinto da Fellini, anche se proprio ne Il Bidone il senso di disperazione e di solitudine, dei suoi umili e dei suoi emarginati, raggiunge vette più cupe. Non poteva mancare Lo sceicco bianco, sabato 13, che rappresenta il debutto assoluto di Fellini dietro la macchina da presa, se non si considera la sua partecipazione, a quattro mani insieme con Lattuada, al grottesco quanto amaro Luci del varietà, che si rivelò un fiasco commerciale. Nel '64 vince il suo terzo Oscar con 8 1/2 (previsto lunedì 18), film del quale tanto si è parlato e discusso (non tutti si trovano d'accordo nel definirlo un capolavoro) in questi giorni, in coincidenza con l'uscita della rivisitazione musicale di Nine. Giulietta Masina è stata non solo moglie ma musa ispiratrice del regista romagnolo; ammiriamola, dunque, anche in pezzi di storia cinematografica come Giulietta degli Spiriti, venerdì 12, o Ginger e Fred, il 19. Passerà il 27 febbraio quello che viene considerato come il più visionario tra i film felliniani, ovvero Casanova. Ben rappresentato anche l'ultimo quindicennio della sua attività artistica: da La città delle donne, il 6 marzo, film al di sotto dei suoi standard abituali (e pretestuamente polemico), a E la nave va, il 4; da Intervista, il 12 febbraio a Prova d'orchestra, il 24 febbraio, fino a La voce della luna, il 17 di questo mese, sua ultima regia. Infine, Roma e Toby Dammit, il 13 e il 24 febbraio, Fellini-Satyricon, il 4 marzo. Tra gli appuntamenti di contorno, da segnalare il documentario Noi che abbiamo fatto la dolce vita tra due settimane, «ricostruzione della genesi del film attraverso immagini di repertorio e interviste», realizzata da Gianfranco Mingozzi e Tullio Kezich.
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