Andrea Tornielli
da Roma
È una preoccupazione che ha attraversato molti interventi del Sinodo dedicato all’eucarestia e che ieri, quando è stata resa nota la «Relatio post disceptationem» (la sintesi degli argomenti trattati dagli intervenuti) preparata dal cardinale Angelo Scola, è emersa in modo più significativo: i vescovi chiedono più attenzione nella celebrazione della messa, più spazio per il silenzio, più attenzione a non ridurre il rito domenicale a una serie di parole e di spiegazioni che annullano il senso del mistero invece di favorirlo.
Il cardinale Scola ha detto che da molti padri «è stata richiamata la necessità di osservare le norme liturgiche: sono l’espressione di quest’umile obbedienza della Chiesa, che viene meno quando subentrano gli abusi». Nella relazione di sintesi, che apre la seconda fase della discussione, il patriarca di Venezia ha sottolineato che «con insistenza i padri hanno sollecitato che venga approfondita e insegnata la verità sulla dimensione sacrificale del mistero eucaristico», una dimensione che «non può essere ritenuta marginale» e che invece è stata in molti casi marginalizzata per evidenziare invece l’aspetto conviviale del banchetto. Anche questo, si sarebbe detto fino a qualche mese fa, è un tema da tradizionalisti, una preoccupazione démodé o nostalgica.
Il cardinale ha poi ricordato i richiami ai progettisti e architetti, ai quali la Chiesa si rivolge per costruire nuovi edifici sacri e ha sottolineato come diversi vescovi intervenuti abbiano sottolineato l’importanza del silenzio nella liturgia. «Si è riscontrato - ha detto Scola - un eccesso di verbalizzazione che può trasformare la celebrazione in spettacolo e la sinassi eucaristica in una comune assemblea. Taluni padri hanno posto l’accento su certe espressioni musicali che non rispecchiano l’indole liturgica». Altri vescovi hanno posto l’accento sulla necessaria «sacralità degli atteggiamenti» durante la celebrazione.
Durante la conferenza stampa che si è svolta ieri mattina in Vaticano, anche il cardinale Francis Arinze, Prefetto della Congregazione del culto divino, ha detto che al Sinodo c’è stato un «giro di vite» sulla celebrazione della messa specificando che le liturgie non devono risultare delle «mezze ricreazioni».
C’è attesa, intanto, per sapere come si muoverà Benedetto XVI in questa delicata materia, da lui più volte trattata prima dell’elezione con richiami chiari ed espliciti in favore del recupero del senso del sacro nella liturgia. Secondo alcune indiscrezioni, una delle primissime nomine che Ratzinger si appresterebbe a fare riguarda proprio questo settore, sostituendo il segretario della Congregazione del culto divino, l’arcivescovo Domenico Sorrentino, nominato appena due anni fa, che sarebbe stato già stato destinato alla guida della diocesi di Assisi. Inoltre, è da poco arrivato nelle librerie un interessante volume dell’arcivescovo Piero Marini, maestro delle cerimonie pontificie, intitolato Liturgia e bellezza (Libreria Vaticana): il prelato, che è stato testimone della riforma liturgica postconciliare a fianco del vescovo Bugnini, fa un bilancio del suo lavoro ed esalta le liturgie papali del pontificato wojtyliano. Più volte Marini parla della necessità di una «sana e prudente creatività» e descrive, per marcare la differenza tra il vecchio e il nuovo, gli «usi medioevali» e gli ecclesiastici vestiti come «comparse teatrali» che accompagnavano il Pontefice nelle celebrazioni prima della riforma post-conciliare. Non fa cenno, invece, al piviale multicolore (da molti considerato «teatrale» e per nulla confacente alla liturgia) fatto indossare a Karol Wojtyla per l’apertura della Porta Santa del 2000.
Tra gli altri argomenti emersi nella discussione, c’è quello della carenza di sacerdoti, da risolvere - ha specificato il cardinale Scola - non con l’ordinazione di uomini sposati; e quello della comunione ai divorziati risposati, che continueranno a rimanere esclusi dal sacramento, anche se si cercherà di snellire il lavoro dei tribunali ecclesiastici che si occupano delle cause di nullità matrimoniale.
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