«Il mestiere del giornalista? La cosa più bella del mondo»

«Il mestiere del giornalista? La cosa più bella del mondo»

Franco Crosiglia

Meglio fare il giornalista che lavorare, dice un detto famoso. «Se fatto con calore, fare il giornalista è la cosa più bella del mondo: è davvero meglio che lavorare», conferma Massimiliano Lussana - caporedattore del Giornale - giovedì sera a un convegno organizzato dal Rotary International Club di Rapallo. Un incontro dal titolo «Dietro le quinte del giornalismo», in cui Lussana svela alla platea degli ascoltatori aneddoti e curiosità di un mondo, quello delle redazioni, sconosciuto ai più. Come si individua una notizia, chi sono gli informatori, quali sono le strategie di comunicazione. E ancora: chi disegna le pagine, decide la grandezza delle foto, il colore delle schede. Dove disporre i servizi. Insomma, tutto ciò che contribuisce a costruire una edizione dei quotidiani che, come alcune specie di insetti, vivono un giorno. Ogni giorno è infatti un nuovo giorno per gli operatori della carta stampata. Alla presenza di una platea attenta - tra la quale sedeva l'ultimo discendente diretto di Colombo, il duca di Veragua e della Vega, Cristobal Colon XX - Lussana non ha però risparmiato qualche bacchettata alla categoria. Bergamasco di nascita e genovese di adozione (la moglie è originaria del capoluogo ligure) Lussana ha lavorato prima al Giorno, poi all'Indipendente con Vittorio Feltri e infine al Giornale (assunto anche allora da Feltri), per il quale è stato inviato speciale, cronista parlamentare e vice caporedattore dell'edizione romana.
Lussana non si fa remore nel denunciare come spesso il giornalista sia «uno straprivilegiato che fa poco, ma ha mille garanzie». Come nel caso dell'ultimo sciopero che serve a «mantenere i vantaggi di una categoria che ha tutti i privilegi degli impiegati statali o dei metalmeccanici, ma i cui componenti aspirano a fare i liberi professionisti. Basti pensare - fa notare il caporedattore - che il contratto dei giornalisti tutela non solo la colpa grave ma, spesso, addirittura il dolo. L'assurdo è che giornalisti che sulle pagine dei giornali parlano bene della legge Biagi un giorno, il giorno dopo fanno sciopero contro la stessa legge». Ma non ci sono solo ombre nella testimonianza del caporedattore. Passione e amore per il proprio lavoro: sono queste le parole chiave per Lussana. «Se al giornalista piace il suo lavoro ha speranza di divertire, di appassionare e commuovere chi lo legge. E poi ci sono i collaboratori che sono la più grande risorsa. Persone che per pochi euro e tanta passione realizzano servizi che sanno veramente raggiungere il cuore dei lettori». I lettori. Sono la vera anima del giornale. «Ogni mattina passo ore a leggere la posta e a rispondere al telefono. È da quei contatti coi nostri lettori che spesso nascono ricerche e approfondimenti preziosi per i nostri servizi». Ancora luci sullo stato di salute della stampa ligure che ha un buon indice di penetrazione.

Grazie soprattutto alle quattro testate locali - Il Secolo XIX, il Mercantile, Il Lavoro e Il Giornale - il rapporto tra abitanti e copie vendute in Liguria è infatti secondo in Italia dopo la Sardegna. Un segnale inequivocabile per Lussana: «Se infatti siamo solo dei cialtroni generalisti e dei coorporativisti, perché la gente continua a comperare i giornali?».

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