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La metà di un «tesoretto» per non far morire l’ippica

Si è tenuto a Roma la scorsa settimana un convegno patrocinato dalla Federippodromi (l’associazione degli ippodromi italiani), con una relazione prodotta da Nomisma, nota società di consulenza e studi economici, bolognese, animata a suo tempo dal presidente del Consiglio, Romano Prodi. Ciascuno degli intervenuti ha detto la sua e cantato la messa pro domo sua: le grandi società di corse lamentano una disparità a loro sfavore nel trattamento economico con l’Ente e le piccole naturalmente sono di parere diametralmente opposto. Normale dialettica, come sempre capita in questi convegni che sono occasioni per parlare di nulla o quasi. Il presidente dell’Anact, Roberto Brischetto, ha incentrato il suo intervento additando quale causa del dissesto del bilancio Unire il mancato pagamento di 89 milioni di euro per canoni televisi da parte delle agenzie ippiche. Somme messe a bilancio e poi ridotte. Sarebbe utile sapere perché sono state ridotte. Non dimentichiamo che pure i famosi minimi garantiti sono stati scontati per legge, ma qualcuno pensa ingenuamente che somme del genere possano essere abbonate bonariamente tra amici?
Il commissario Melzi d’Eril verificherà se vi sono stati atti non conformi alla legge e provvederà di conseguenza. I nostri guai sono da addebitare non solo ad un mancato pagamento, ma soprattutto di natura strutturale, che si possono sintetizzare cosi: troppe corse, troppi ippodromi e costosi, pochi controlli sulla disciplina, troppa gente pagata che non produce, eccetera. Per questo abbiamo il commissario straordinario, con tutti i poteri del caso. Aspettiamo e vediamo. Sul fronte del bilancio pare vi sia stata una svolta, il commissario e la parte politica che lo ha designato, si sono resi conto che, come le categorie unitariamente hanno sostenuto non è possibile scendere al di sotto dei 220milioni di montepremi, minacciando uno sciopero ad oltranza da parte di tutti. La determinazione dimostrata serva di esempio per le battaglie future per la sopravvivenza del settore in maniera dignitosa e meno pietistica, con appelli che mi paiono più appropriati ad una richiesta di grazia a San Gennaro come quelli di Francesco Gragnaniello, presidente dell’Upt (Unione proprietari trotto), associazione della quale mi onoro di farne parte (a proposito: a che punto siamo con riunificazione di tutti i proprietari del trotto, tanto sventolata in campagna elettorale dall’attuale presidente Upt?). Il 6 aprile scorso avevo accennato alla necessità di attingere al famoso «tesoretto» (termine molto in voga oggi), costituito dalle somme bloccate in bilancio quale risultanza dello strumento convenzionale, ormai scaduto del cosiddetto «fondo investimenti» per gli ippodromi. Pare che siano arrivati nell’ordine di idee di sbloccare una parte cospicua (50%), di detto fondo affinché sia utilizzato per le esigenze di quadratura del bilancio. Inoltre, quale ulteriore intervento corroborante per il montepremi, c’è da registrare una perentoria richiesta all’Aams per l’abbuono dei canoni (dieci milioni all’anno), da versare a Sogei, la società che provvede alla totalizzazione del gioco per conto dell’Unire.
Complimenti doppi al nuovo segretario generale dell’Unire, Maurizio Soverchia: doppi perché per la prima volta nella storia dell’ente un uomo di provenienza dal settore trotto assume la maggiore carica amministrativa. Auguri di buon lavoro.

Ne ha davvero bisogno.

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