Metamorfosi E il Carroccio ribelle si svegliò governativo

La bomba esplode a Pontida: «In Italia non ci sarà nessun golpe. Garantisce la Lega».
E, politicamente, ci sta tutto. Se c’è un movimento che - nei fatti, non con le parole - non ha mai lasciato dubbi sulla sua assoluta tenuta democratica, è il Carroccio.
Però. Però è comunque una notizia che le rassicurazioni contro le scorciatoie tecniche, contro i golpini da indossare nei salotti buoni, contro i governi dei non eletti, contro gli esecutivi di ministri con più cognomi che voti e più sdraio a Capalbio e conti in Costarica che consenso popolare, arrivino proprio da quella Lega che, a lungo, era stata indicata come forza potenzialmente eversiva. Come partito capace di un golpe. Oddio, non è che Bossi e i suoi non ce ne avessero messo del loro (verbalmente, solo verbalmente) per dare qualche ragione ai sospettosi: dai «trecentomila bergamaschi in armi» del discorso della canottiera in Sardegna ai «fucili sempre pronti», dal Parlamento padano fino alla proclamazione della «Repubblica del Nord» con tanto di giuramento sul dio Po e versamento dell’acqua del Monviso in Laguna a Venezia, il Senatùr non si era risparmiato proprio niente. E, comunque, oltre alle parole, era proprio il Dna del Carroccio a portare dentro di sé una carica eversiva antisistema. Certo, gioiosamente antisistema. Positivamente, antisistema. Solarmente (Sole delle Alpi, ovviamente), antisistema. Ma, comunque, antisistema.
Ecco, dal palco di Pontida, avviene il definitivo mutamento di pelle e di ragione sociale. Fra l’altro senza cedere nulla delle proprie convinzioni, senza mollare sulle proprie idee. E i casinisti (per carità, con la minuscola), i potenziali golpisti, gli «eversori», diventano gli stabilizzatori, quelli che mettono ordine, i garanti. Intendiamoci: non è la parabola di quello che nasce incendiario per morire pompiere. Qui, molto più semplicemente, viaggiamo nei dintorni dei migliori esempi europei, persino a sinistra: da Daniel Cohn Behndit a Joshka Fischer: da ragazzi tiravano molotov, uno è diventato un leader europeo credibile, l’altro addirittura il ministro degli Esteri tedesco più moderato.
Anche il «dove» è significativo: la metamorfosi da favola della Lega avviene sul palco che spesso ha accompagnato i passi più estremisti dei primi anni del Carroccio, dagli applausi della folla il giorno in cui Roberto Calderoli, in piena era Tangentopoli, annunciò dal palco che Bobo Craxi era stato arrestato (non era vero), all’invito ad assaggiare il «manico» di Umberto Bossi a Margherita Boniver (quando il maltempo obbligò il trasloco dal prato a un capannone), fino all’immancabile colonna sonora «Al lumbard ghe giren i bal», agli attacchi al Papa e agli show di Boso e Borghezio a cui mancavano solo rutti e peti per entusiasmare ulteriormente il pubblico.
Ecco, da quel palco, arriva la garanzia che in Italia non ci sarà nessun golpe. Ed è una garanzia assolutamente credibile. Perché la Lega ha dimostrato ampiamente di essere vera forza di governo. E, dimenticato il 10 per cento del 1996 raggiunto con il massimo di opposizione, oggi sfoggia una percentuale ancora maggiore, raggiunta con il massimo di governo.
Ministri come Maroni, Zaia, Calderoli, dimostrano giorno dopo giorno di essere fra i migliori dell’esecutivo. E funziona l’effetto moltiplicatore che gli amministratori leghisti hanno messo in mostra mille volte nei Comuni e nelle Province che governano. È dai tempi in cui il camionista valligiano bergamasco Bertolotti diventava sindaco di Cene e i giornalisti venivano da tutta Italia per prendere in giro gli abitanti di Cene descrivendoli come una sorta di anello mancante, che il governo del Carroccio moltiplica i consensi. E la volta dopo, più lo sbeffeggiavano, più Bertolotti e tutti i bertolotti della Padania raddoppiavano i voti. Con un buongoverno fatto di buche tappate nelle strade, di giardini pubblici, di posti negli asili, di telecamere nei paesi. Necessarie e sufficienti per far lievitare i voti come un effetto moltiplicatore. Lo stesso che sta portandoli oggi ai risultati delle Europee, che pure sono storicamente le elezioni più ostiche per il Carroccio.
Insomma, pensavano di essere un partito di opposizione e invece sono anche e soprattutto un partito di governo.


Se Che Guevara diceva che bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza, qui a Pontida vale il discorso diametralmente opposto. Riescono ad essere teneri senza mai perdere la durezza. Quella della «Lega che ce l’ha duro», ovviamente.

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