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Il metodo Di Bella finisce sulle pagine di una rivista Usa

Il metodo Di Bella finisce sulle pagine di una rivista Usa

Gabriele Villa

È una vita che lo va ripetendo ai suoi figli: «La presunzione è nemica della scienza pura». E così pur di non sentirsi più bacchettare dal padre, un giorno sì e l’altro pure, hanno dovuto laurearsi: Alessandro in psicoterapia e malattie psicosomatiche, Elena in farmacia. A pieni voti. Come il loro padre, il dottor Achille Norsa, nato a Mantova 65 anni fa, attuale dirigente della divisione di Chirurgia toracica dell’Ospedale Maggiore di Verona. Specializzazione in chirurgia oncologica, chirurgia generale, e in cardioangiochirurgia. Nonché vicepresidente della Sibor, la Società di bioterapia oncologica razionale che ha raccolto il testimone lasciato dal professor Di Bella e si prefigge, non solo di difendere la memoria dello scienziato di origine siciliana, ideatore della multiterapia anti-cancro, ma anche di riportare alla luce e di rilanciare il suo metodo bocciato da una sperimentazione troppo affrettata e abborracciata, come ebbe modo di appurare un’inchiesta svolta a suo tempo dai Nas dei carabinieri.
Dopo dieci anni spesi a curare, con il Metodo Di Bella, pazienti con neoplasie di vario tipo con o senza il supporto della chirurgia, raccogliendo spesso successi davvero sorprendenti, ha finalmente ottenuto un meritato riconoscimento. La pubblicazione da parte dell’autorevole rivista Cancer Biotherapy di un suo lavoro sulla cura e gli interventi su pazienti colpiti da tumori ai polmoni. «In dieci anni - spiega Norsa - ho seguito oltre duemila pazienti, molti dei quali bambini, colpiti da ogni tipo di tumore, e l’esito della terapia Di Bella applicata su di loro può definirsi senza dubbio soddisfacente. In alcuni casi la neoplasia è sparita, in altri è regredita, in qualcuno si è stabilizzata. Ci sono stati anche decessi, naturalmente, perché quando la malattia ha intaccato con le metastasi gran parte dell’individuo è difficile riguadagnare terreno. Ma, al contrario, ho avuto dei pazienti dati per morti dalla terapia tradizionale perché la malattia era arrivata al terzo e al quarto stadio che sono sopravvissuti. Tra questi rientrano i 38 malati di tumore al polmone che, secondo la letteratura scientifica, avrebbero avuto una prospettiva di vita di tre-quattro mesi salita invece al 14,9».
È stato proprio lo studio su questi pazienti con l’esperienza che il dottor Norsa ne ha tratto a venire ripreso e pubblicato dalla rivista statunitense. La carriera medico-scientifica di Norsa, zeppa di interventi congressuali e corsi di aggiornamento è forse la miglior garanzia del suo assoluto disinteresse verso qualsiasi forma di pubblicità. Norsa è un tipo schivo che del suo ex insegnante di fisiologia all’università di Modena, il professor Luigi Di Bella appunto, ha preso oltre la conoscenza e la pratica del metodo anche e soprattutto la modestia. Un traguardo, dunque. Un traguardo importante come quello che i «dibelliani», riuniti nella Sibor si prefiggono di raggiungere presto. Portare lo somatostatina (uno dei componenti fondamentali del Metodo Di Bella, oltre alla bromocriptina, alla melatonina e alla soluzione ai retinoidi) in fascia A, cioè accessibili gratuitamente a tutti i pazienti che ne faranno la richiesta. E visto che hanno già raccolto migliaia di firme la possibilità di raggiungere quest’altro obbiettivo non sono così remote. Perché la libertà di cura è sancita dalla Costituzione.

E perché, come scrive il dottor Achille Norsa nel suo sito internet, riprendendo le parole di madre Teresa: «La vita è una sfida, affrontala».

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