Jessica Alexander non è mai stata «molto materna». «Ero terrorizzata di diventare mamma - spiega - è per questo che, ogni volta, chiedevo consiglio alla mia famiglia danese e ai miei amici danesi: perché i ragazzi danesi sono così ben educati e felici». Jessica Alexander è una giornalista americana, che ha sposato un danese e vive da anni in Danimarca; con Iben Sandahl, psicologa, ha scritto un manuale bestseller (in Italia, dove è pubblicato da Newton Compton, è già alla terza ristampa): Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni.
Come ha scoperto che esiste un «metodo danese» per crescere i figli?
«L'ho scoperto quando vivevo in Italia, un paese che amo. Sapevo che esisteva un modo americano e poi ho visto che c'era una specie di modo italiano, ma mi rivolgevo sempre alla mia famiglia danese nelle difficoltà. E quando ho letto il report sulla felicità, in cui la Danimarca è al primo posto da quarant'anni, ho capito subito che il modo in cui crescono i figli e la loro felicità sono connessi».
Quali sono i difetti del metodo americano?
«La mancanza di empatia. Gli studi dicono che è crollata del 50% negli ultimi 30 anni. Ci si concentra troppo sulla preparazione accademica anziché sulle competenze sociali, il carattere e l'empatia. Invece i danesi se ne curano molto».
Pensa che vogliamo figli troppo perfetti?
«Sì, c'è molta pressione sui genitori per essere perfetti. È una cosa molto stressante, e non esiste... Credo che un genitore che si prenda del tempo per riflettere e che cerchi di cambiare in meglio una o due cose stia già facendo un lavoro grandioso. Dimentichiamo la perfezione».
C'è competizione fra genitori?
«Molte mamme sono fragili perché hanno paura di essere giudicate. Come genitori abbiamo bisogno uno dell'altro: l'empatia è la chiave, non la competizione o il giudizio».
Ma esiste un genitore perfetto?
«Assolutamente no. Cercare di essere perfetti è una malattia. E non esiste il modo giusto: ne esistono tantissimi, per tantissime persone. Uno dei miei più grandi desideri è che, come genitori, ci diamo più sostegno gli uni con gli altri».
Perché il metodo danese funziona?
«Perché è basato su valori veramente solidi come l'empatia, l'hygge, cioè l'intimità coi familiari, la riformulazione delle esperienze vissute e il gioco libero. Sono 40 anni che il metodo danese crea adulti felici, equilibrati, forti e flessibili. Ed è anche molto semplice».
Quali sono le differenze maggiori coi genitori italiani?
«Le mamme italiane sono molto appassionate. In generale i genitori italiani sono più protettivi; quelli danesi, anche rispetto agli americani, lasciano molto più spazio ai figli per cavarsela da soli».
Dalla Danimarca arrivano i Lego, e le fiabe di Andersen...
«I danesi sono molto onesti con i bambini: leggono loro di tutto, non solo storie a lieto fine. Secondo gli studi, leggere ai bambini di tutti i tipi di emozioni e di esperienze, anche della morte, aiuta a costruire l'empatia e la resilienza».
Ma per essere bravi genitori serve per forza una guida?
«Assolutamente no. Il metodo danese per me non è tanto una guida, quanto una filosofia, un modo di pensare. Quello che possiamo fare è essere un po' più consapevoli di quello che facciamo. Non perfetti, solo un pochino migliori».
EB
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