Mezzo euro l’una. La caldarroste, tartufo del centro

Almeno 5 euro per dodici pezzi E il baracchino «costa» solo 220 euro

Dodici caldarroste fanno (almeno) cinque euro. Tra i rincari alimentari quello del marrone alla griglia continua a non far tendenza. Soprattutto perché la merce si acquista solo in centro storico, dove incontrare un romano è impresa rimarchevole e gli spendaccioni fanno parte dei pacchetti viaggio.
Un giro d’affari sbalorditivo favorito dalla risibile cifra mensile chiesta dal Comune per piazzare la plasticosa bancarella: 220 euro, bruscolini. Basterebbe un’ipotetica giornata da cento cartoni per pagarsi l’affitto. Un affare troppo redditizio per essere scalfito. Perlomeno nella capitale. Basta farsi un giretto in centro storico per accorgersi che i caldarrostai (non c’è un italiano dietro il banchetto manco a pagarlo) fanno più o meno cartello. A piazza di Spagna c’è il quartier generale. In quattro si dividono i punti cardinali. Il principale avamposto è all’angolo con via Condotti ed è affollato a tutte le ore. Duecento grammi, dodici marroni (sono fatti con lo stampo in Cina) cinque euro. Accanto, angolo con via Borgognona, sono più generosi: sempre 5 euro ma i marroni sono 13. Di fronte all’angolo con vicolo del Bottino la cifra è quella standard. Infine via Frattina dove regna l’incrollabile «coordinatore», anche qui 5 euro per 12 caldarroste. Si cambia zona, al Colosseo i sei euro sono il minimo per avere 10-12 caldarroste. Il più generoso è davanti alla fermata della metro, il più taccagno è naturalmente davanti all’anfiteatro: 10 caldarroste dall’aria rinsecchita sei euro. Infine Fontana di Trevi, dove l’unico banchetto offre sei castagne a tre euro. Un’andazzo inevitabilmente senza uscita. Il tanto consigliato faidatè della Coldiretti (vai e comprateli al supermercato i marroni) è impraticabile. Nel senso che a Roma - almeno nelle zone centrali - non esistono. Punto.
«Trenta euro al chilo rispetto ai circa 5 del prodotto fresco al mercato - sono uno scandalo - denuncia la Coldiretti -. Con un crollo della produzione nazionale stimato al 30%, è a rischio la castagna italiana per effetto del caldo record, dei gravi incendi boschivi, ma soprattutto per colpa della Cina che ha aumentato del 640 per cento in un anno le esportazioni di castagne in Italia raggiungendo nel 2006 i 150mila chili».

«Dalla Cina - conclude la Coldiretti - è arrivato anche un insidioso insetto, il Cinipide galligeno del castagno, che si è diffuso rapidamente nei boschi italiani riducendo drasticamente la produzione dei frutti». Prendere (e pagare caro) o lasciare.

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