Ma ha un impeto che è poesia. Quando parla, Lucia Bosé è elegante, misurata, sincera fino in fondo. E arrembante, costi quel che costi, con quel suo spirito che segue sempre il rigore di un endecasillabo e la lirica di un verso damore. Come stavolta: ha deciso di leggere, anzi recitare, le poesie di Alda Merini. Sono nate, loro due, nello stesso anno, il 1931, nella stessa città, Milano, e a dividerle ci ha poi pensato la vita. Stasera Lucia Bosé leggerà una decina di poesie a Porto Cervo mentre Giovanni Nuti, il fior di cantautore che ha accompagnato la poetessa fino alla fine, presenterà anche otto loro brani inediti pubblicati un mese fa nel cd Una piccola ape furibonda. Lintreccio è dolce e malinconico, versi canzoni ricordi. E di sicuro, là dovè ora, anche la Merini ascolterà il suono della sua poesia, magari facendo finta di niente, magari fumando di nascosto.
Signora Bosé, daccordo che lei abitua alle sorprese: ma questa, poi.
«Ho sempre amato la Merini. E ho visto lo spettacolo che a marzo al Dal Verme di Milano Valentina Cortese e Milva hanno portato in scena con Giovanni Nuti. Chissà se sarò allaltezza, prima di giudicare bisogna sempre vedere i risultati».
La Cortese era unamica della Merini.
«E infatti è stata bravissima. Io invece non lho mai conosciuta. Purtroppo».
Sarà ancora più difficile allora entrare nello spirito dei versi.
«Li avrò letti quattrocento volte, naturalmente. Io reciterò dieci o dodici poesie, Nuti canterà».
Di certo emozionante.
«E anche laltra sera, durante le prove, mi sono accorta che recito meglio, che mi calo meglio nei versi scritti in manicomio piuttosto che in quelli damore. Ma è comprensibile: lamore non lo ricordo più bene. Ma il manicomio ce lo portiamo dentro tutti, sempre e per sempre».
Lei si porta dietro anche una grande carriera.
«Diciamo dignitosa».
Insomma: Miss Italia nel 1947, debutto al cinema con Antonioni, poi Bunüel e Ozpetek.
«Allora si può dire che ho sporcato questa carriera con la tv. Daltronde bisogna pur guadagnare qualche soldino e la tv, si sa, tutti la fanno per soldi».
Che pessimismo.
«In fondo la tv non è arte, è solo mestiere. Invece il cinema è arte».
In tv lei ha esordito oltre quarantanni fa in Spagna. E qui da noi è ritornata proprio pochi mesi fa con Capri 3.
«Magari giriamo anche la prossima serie, non cè ancora nulla di certo. In questo momento stanno scrivendo la sceneggiatura, vedremo».
Tanto lei chi la ferma.
«In effetti mi sento come una ventenne».
Nei suoi ventanni incontrò il torero Luis Miguel Dominguín e divenne unicona.
«Ma ho sempre bisogno di cose nuove. Anche adesso. E difatti mi piacerebbe andare in tournée con le poesie della Merini, questo è un recital che mi piace molto».
Lei però ormai vive in Spagna.
«Sì, io praticamente sono spagnola».
Qualche anno fa, quando entrò nella Plaza de Toros di Madrid per un concerto di suo figlio Miguel, ci fu un boato entusiasta.
«Quello è un luogo simbolico, per gli spagnoli la corrida vuol dire tanto. Molto più di quello che si pensa».
Però adesso i catalani lhanno vietata.
«Loro non si ritengono spagnoli. E si vede anche da queste decisioni, che a me sembrano molto sbagliate».
Vuol dire che le piace la corrida?
«Non vado mai a vederla. Quando cera mio marito, venivano a toreare in casa, avevamo una piccola arena».
Ma le piace o no?
«Non particolarmente. Però è bellissima. Anche Pablo Picasso mi diceva che in fondo è larte più nobile, un uomo e un animale che si giocano la vita: può morire luno o laltro, non si sa».
Contraria al divieto, quindi.
«In Spagna piuttosto proibirei quelle usanze popolari e crudeli tipo appiccare il fuoco alle corna dei tori e cose del genere. Sono inumane».
Vedremo. Intanto adesso per un po rimarrà in Italia.
«Magari inizia anche una nuova carriera. E poi sa che cosa le dico?».
Prego.
«Quando recito questa poesie, sento che la Merini ci ha messo il suo zampino.
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