Il Milan balla, Ronaldinho stavolta no «Ma non chiedetemi di essere felice»

nostro inviato a Bergamo

Una volta, almeno una volta al mese, si ricorda di chiamarsi Ronaldinho e di avere contratto una promessa solenne con tutto il Milan e con Silvio Berlusconi nella recente estate. «Sono felice per il mio primo gol della stagione» detta alla fine come avrebbe potuto fare un debuttante qualsiasi, in delirio per quella stilettata finita sotto il costato dell'Atalanta a pochi rintocchi dalla fine. Il veleno è in coda alla frase banale, scontata, come nella migliore tradizione: «Non posso però essere felice del risultato e della mia condizione: se non gioco con continuità non sarò mai al 100%» la stoccata riferita a Leonardo e alle scelte degli ultimi tempi. La festa, dalle parti della panchina del Milan, sembra persino esagerata: saltano in piedi come tappi di champagne verso il brasiliano che sculetta allegro sul prato verde con la ciocca di capelli neri raccolti sulla nuca, non c'è una coppa da celebrare e neanche un derby da arpionare, appena un modesto pareggio a Bergamo, con l'Atalanta che finisce sulle stampelle e con i cerotti ma forse è proprio quella scena il simbolo dell'attuale Milan. Apparì a Siena, Ronaldinho, la notte dell'esordio in campionato, distribuendo palloni e assist come una vera musa ispirata, poi più niente. Fu una feroce illusione seguita dal disincanto del popolo rossonero. «Non abbiamo giocato bene, potevamo vincere alla fine, ora dovremo utilizzare la sosta per lavorare, lavorare, lavorare» continua a parlare come un libro stampato il Gaucho ma al Milan sembra esaurito il tempo delle attese e degli appuntamenti fissati col futuro.
Almeno una volta al mese Ronaldinho che pare, di giorno e di notte, la controfigura di quel giocoliere capace di far sparire il pallone tra i piedi, si ricorda del suo celebre passato firmando una giocata, una sola naturalmente, che consente al Milan di frenare l'emorragia in classifica evitando così l'umiliazione di un'altra sconfitta, con l'Atalanta ridotta in dieci dalla mezz'ora del primo tempo. Riceve un cioccolatino da Nesta, «lo ringrazio pubblicamente», arrivato da quelle parti per disperazione più che per fede, e lo scarta come sanno fare i bambini golosi, in un istante, facendo sparire la palla sotto gli occhi di Consigli. E in quel momento nessuno più sembra ricordare il lunedì passato in discoteca e le polemiche seguite. «Noi giudichiamo per quel che fa in campo» ripete didascalico Tassotti, voce di Leonardo e dello staff rossonero. Rimediato quel giubbotto di salvataggio da Ronaldinho, il Milan scopre tutta l'amarezza di una condizione che resta ancora difficile, nonostante il piccolo passo avanti, il gol finalmente arrivato dopo settimane di stenti e di pericolosa astinenza e quel pareggio che lascia Leonardo senza voce. «Corriamo male, non copriamo tutte le zone del campo e facciamo confusione, ci abbiamo messo il cuore ma non è stato sufficiente, abbiamo perso altri due punti» è l'autodenuncia di Alessandro Nesta che non deve apparire come il manifesto contro Leonardo, anzi tenuto al riparo dalle censure dei critici. «Noi stiamo con lui, perdiamo e vinciamo insieme» ripete allusivo Nesta per non sembrare uno dei cospiratori. E infatti lo ripete negli spogliatoi durante un faccia a faccia col diretto interessato.


Con Leonardo il Milan va avanti, nella cattiva sorte immaginando di recuperare energie vitali durante la sosta, come pronostica anche Ronaldinho. Ma se si corre male, e se si copre non bene tutto il campo, forse è il caso anche di dare un'occhiata a tutto il motore del Milan che batte in testa. Come nei giorni più complicati della sua carriera.

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