Milan in Champions, con classe

nostro inviato a Firenze

Un congedo da signore. Solo per questo meriterebbe un monumento a Milanello, accanto a quello di Nereo Rocco, i due detentori del record di presenze sulla panchina rossonera. Carlo Ancelotti lascia in punta di piedi il Milan dopo 8 anni memorabili, colmi di trionfi spettacolari e qualche dolorosa sconfitta: quella di Istanbul la più avvilente. Chiude insieme con quel fuoriclasse di nome Paolo Maldini, accolto a Firenze quasi come avesse giocato sempre da queste parti con la casacca viola. Chiude con Beckham che saluta dopo cinque mesi italiani di grande intensità. Ma chiude con le parole di un vero gentiluomo. «Finita la partita io e Galliani abbiamo parlato e deciso di interrompere qui il mio contratto. Lo facciamo in perfetta armonia, nell'interesse di tutte e due le parti» detta il nostro che è uomo di campagna ma conosce alla perfezione il bon ton dello sportivo di razza. Neanche una nuvola su questo addio, maturato nelle settimane passate e forse in qualche modo anche cercato, visto che dal 1° aprile esiste e resiste il contatto con il Chelsea. «Sono io che ringrazio il presidente Berlusconi per avermi consentito di vivere 8 anni splendidi da allenatore del Milan. Il ciclo di questa squadra non è finito. Non finirà fino a quando ci sarà Silvio Berlusconi alla guida del club» il secondo passaggio che è un inno a come si può e si deve vivere un cambiamento del genere. In campo abbracci e baci tra tutti i protagonisti di questa favola che continua: il senso dell'appartenenza è un cemento che non si frantuma dinanzi alla separazione.
Un congedo da signore e con un risultato, minimo, ma significativo offerto alla fine di una tormentata stagione. Qui a Firenze sembra proprio l'inizio di un'altra epoca. Pensate: in campo, dopo mesi in corsia d'ospedale e nella palestra riabilitativa, si rivedono le sagome di Nesta e Gattuso. In campo, appena la Fiorentina esaurisce la sua corsa e le sue migliori energie, Kakà e Pato firmano l'ultimo successo che regala un primato, almeno quello, in fatto di gol segnati, 70 addirittura. Da Firenze il Milan può tornare, dopo un anno di esilio, nella Champions, la sua coppa, senza passare dal fastidioso e rischioso preliminare. È questo il regalo con cui Ancelotti e i suoi si congedano. Nelle parole di Carletto qualche verità: otto anni sono tanti, possono logorare intese fenomenali, far appassire anche i migliori talenti e magari procurare l'imborghesimento dimostrato in campionato. Non in Champions, naturalmente che è il suo territorio preferito.
Da oggi, appuntamento alle ore 12 allo stadio San Siro, comincia l'avventura di Leonardo, il suo successore designato. Non sarà facile per lui. Non solo perché deve rimpiazzare, nel cuore dello spogliatoio, un gran signore oltre che un allenatore in gamba. Deve rivitalizzare l'ambiente, dargli una scossa, procurare nuove motivazioni, cambiare magari anche il disegno tattico e rinfrescare i metodi di allenamento. Il nodo fondamentale resta uno soltanto: se Leonardo avrà Kakà oppure o no per la sua missione, che è quella di vincere e di convincere, attraverso il gioco, stregando i rivali. La differenza non è di poco conto, anche perché le insistenze del Real Madrid possono arrivare fino alla soglia degli 80 milioni di euro per convincere Fininvest alla cessione. Ancelotti da oggi esce di scena.

Si ripresenta martedì pomeriggio in provincia di Bari, a Turi, paese di Oronzo Pugliese, dove gli assegneranno il premio intitolato al pittoresco allenatore. Da lì comincia la sua avventura che si chiama Chelsea e che prevede il trasferimento a Londra e una serie di clamorosi cambiamenti. Ma niente riuscirà a cambiare questo grande uomo che si congeda da vero signore.

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