da Milano
A passo di lumaca verso la Champions. Un altro pari, il secondo consecutivo dopo l1 a 1 di Catania. Non è un bellincedere, naturalmente, specie in vista di martedì sera. Anche se lArsenal, in rimonta nel finale con lAston Villa, non segnala una particolare brillantezza. Dal giorno in cui si accomodò sulla poltrona del quarto posto, larmata berlusconiana, sembra quasi paralizzata dalla rincorsa: 15 punti nelle ultime 7 partite. Colpa degli incidenti in serie e di una rosa decimata da infortuni oltre che da anzianità di servizio. Ancelotti deve far miracoli per incerottare una squadra che abbia un senso. Si salva con un rigore lucidando, se è ancora possibile, tutto il talento straordinario di Pato. Da solo il fuoriclasse brasiliano incute timore alla Lazio, partita lancia in resta col tridente e poi via via arretrata a protezione del vantaggio e quindi del pareggio. Non è il numero degli attaccanti a determinare la qualità del gioco e nemmeno il numero dei gol: basta confrontare Roma-Parma e Milan-Lazio di ieri sera.
Primo tempo da dimenticare, anzi da cancellare dalla memoria storica del campionato, ripresa appena decente. La Lazio trova il gol e poi si ferma, il Milan risale la china e si ferma al pari. Con Gilardino fulminato, e senza una musa che possa ispirare lattacco rossonero, quell1 a 1 è da considerare un mezzo successo invece che la puntuale delusione. La verità è che così il quarto posto si allontana.
Che al Milan giri quasi tutto per il verso sbagliato lo si intuisce intorno alla mezzora della prima frazione. Accade che inseguendo un pallone alto e irraggiungibile, Clarence Seedorf riduca la corsa toccandosi la coscia destra e lamentando un fastidio che prelude a una contrattura muscolare e perciò alla perdita della sfida con lArsenal. Ancelotti, alla canna del gas, fa scaldare Paloschi per cambiare il disegno tattico del trequartista più due attaccanti in un tridente asimmetrico e mai collaudato prima. Niente, rispetto a quello che matura allintervallo: fuori in un colpo solo Emerson (piccolo insulto muscolare) e Jankulovski (incerto fino al pomeriggio per via di un ginocchio ballerino) e dentro Ambrosini e Digao, il fratello di Kakà al debutto assoluto in campionato.
Conciato in quel modo il Milan, non risulta scandaloso lo sviluppo iniziale della seconda frazione scandita da uno, due, tre blitz della Lazio finalmente presente a se stessa e raccolti nel fazzoletto di 9 minuti: i primi due risultano respinti da un prodigioso Kalac (deviate in angolo le rasoiate di Rocchi e Pandev), al terzo, il triangolo perfetto disegnato da Dabo e perfezionato da Rocchi con linserimento tempestivo di Rolando Bianchi (in anticipo sul solito Oddo) premia lo sforzo offensivo dei romani. Qui comincia unaltra partita, pasticciata, ancora più complicata per il Milan, costretto allinseguimento premiato a metà ripresa dallingenuità clamorosa di Behrami. Lo svizzero-albanese tiene Kaladze in modo sfacciato su un calcio dangolo: si vede anche dalla tribuna, impossibile astenersi anche per uno come il molisano Celi, inadeguato e impreparato per San Siro. Oddo provvede dal dischetto in mancanza di specialisti (assenti Pirlo, Kakà, Inzaghi).
La Lazio in ritirata strategica nel finale (Delio Rossi si allaccia le cinture: fuori Bianchi, dentro Manfredini) commette un altro errore, questa volta responsabilità assoluta di De Silvestri espulso per lintervento violento su Pato che diventa una specie di punching-ball per i laziali: Siviglia, Behrami, Ledesma, infine De Silvestri si esercitano nel prendere di mira il giovane brasiliano che resiste coraggioso a ogni brutalità. Così il calcio diventa un altro sport.
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