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Milan e il mistero Pato il vero orfano di Kakà

I misteri, nel calcio, sono altri. Pato è un libro aperto: basta squadernarlo per leggere, in controluce, i suoi tormenti e i piccoli ritardi di un progetto di fuoriclasse che tarda a diventare il nuovo patrono calcistico del Milan e della Milano rossonera. La spiegazione principale è una soltanto: ha appena 20 anni, e a quell’età, di solito, la sera si va al cinema con la fidanzata oppure in discoteca a “cuccare”. Alexandre Pato invece è già un ometto, sposato da qualche mese con la ragazza incontrata grazie a internet. Non è mai stato bambino, non ha mai assaporato la dolce spensieratezza di quella stagione, ha dovuto lasciare presto la casa dei genitori per andare a guadagnare soldi e futuro per sè e la propria famiglia, sotto le sembianze di un predestinato. A meno di 18 anni, con l’Internacional di Porto Alegre, vinse il titolo mondiale per club e si segnalò all’attenzione del Milan.
La vita regolare, per un calciatore, è un’assicurazione sulla carriera, nella metropoli procura sicurezze ed equilibrio. Nel suo caso può avergli messo qualche pressione in più. Il resto deve averlo fatto la partenza di Kakà. E non perché Alexandre Pato abbia perso, come pure sostengono a Milanello, una sorta di bussola oltre che un saggio precettore, ma perché su di lui sono finite le aspettative dei milanisti, da Silvio Berlusconi all’ultimo degli ultrà. Si sa come son fatti dirigenti, giornalisti e tifosi: parte uno, passano ad un altro il testimone. E nel caso di Pato, rimpiazzare Kakà è un macigno che nessuno è in grado di portare sulle spalle senza affondare nelle sabbie mobili di Milanello. Facesse la bella vita, frequentasse locali e ragazze a caccia di popolarità, sarebbe tutto spiegabile. E invece niente, occorre cercare altrove.
La condizione fisica è quella di sempre, in perfetta traiettoria con le tabelle di Milan-lab. Anche i gol, incredibilmente, parlano lo stesso linguaggio: 2 sigilli dopo 5 sfide, proprio come un anno fa di questi tempi. Solo che allora, Pato poteva, a fari spenti, accomodarsi in panchina, per riflettere su errori ed omissioni. E soprattutto per valutare un aspetto ancora più misterioso. «Pato ha a disposizione un motore di formula uno che sfrutta al 40-50%» è l’analisi di Carletto Ancelotti, sottoscritta dal capo dei preparatori Daniele Tognaccini. Come dire che il giovanotto non affonda mai il pedale sull’acceleratore, come accaduto in qualche impressionante scatto, tipo Roma-Milan su Mexes, oppure contro Legrottaglie in Milan-Juve trofeo Berlusconi a metà agosto. Allora la ricerca dev’essere spinta sulle nuove mansioni tattiche affidate a Pato. «Stai tra le linee» gli ha raccomandato Leonardo prima di Udine, dove ha toccato il punto più basso. In quella posizione, poi si è visto, Ronaldinho può fare cento volte meglio. Pato ha bisogno di essere guidato in una prateria e lasciato libero di cavalcare la sua velocità, abbinata alla potenza del tiro e al talento balistico.

Non gli è ancora riuscito e forse tutte le colpe non sono sue.

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