nostro inviato a Milanello
A un certo punto, per rompere l’assedio dei quesiti appuntiti piovuti sul suo microfono, Leonardo ha chiesto all’interprete di tradurre per i giornalisti svizzeri la seguente frase: «Non è sempre così, stiamo bene e siamo anche ottimisti». Cercava di esorcizzare quel clima da un giorno in pretura e di nascondere il disagio nel ritrovarsi, all’improvviso e senza preavviso, dietro la sbarra del primo processo mediatico sulle sventure del Milan. Risolino amaro e via, pronto a rispondere a ogni quesito, ma non si è divertito. Così come ha capito al volo l’antifona Massimo Ambrosini, il capitano schierato al suo fianco secondo copione della Champions per ribadire, in modo perentorio, che «non ci sentiamo vecchi né arrivati», a dimostrazione che i fischi e la delusione col Bari hanno provocato un sano proposito di rivincita. «Siamo consapevoli di dover fare di più e anche alla svelta»: il portavoce dello spogliatoio non si è nascosto dietro i luoghi comuni, finalmente, e ha inoltre allontanato tutte le giustificazioni possibili e immaginabili, tipo la cessione di Kakà, la partenza di Ancelotti, l’addio di Maldini. «Se ci nascondessimo dietro gli alibi, sarebbe un disastro. Dobbiamo anzi trasformarli in vitamine» il suggerimento particolarmente gradito allo stesso Leonardo.
Il processo a porte aperte è andato avanti per circa 50 minuti, Leonardo non si è limitato alle repliche scontate, ha provato a recitare il ruolo di condottiero senza macchia. «Non mi preoccupo se vengo messo in discussione, è l’aspetto meno importante della vicenda» ha mandato a dire, forte dell’appoggio, scontato, d’accordo, ma sincero, della società, da Berlusconi («mai stato così vicino alla squadra come in questi frangenti» la sua garanzia corroborata dai fatti) al fido Galliani. «Il Milan non ha un deficit fisico, è andato sotto col Bari per questioni tattiche» l’altra risposta risolutiva che ha in parte assolto Milan-lab e Daniele Tognaccini, gran capo dei preparatori atletici. Obiezione accolta. E in fatto di gol, non potendo negare il grave debito contratto (3 gol in 6 partite di campionato), ha scoperto il difetto più vistoso: «Non riusciamo a rubare palla sulla tre-quarti, contro il Siena abbiamo effettuato 19 tiri», la citazione statistica, l’unica favorevole in un mare di riscontri negativi. È fermo il povero Milan alla sera del 22 agosto, 5 settimane fa. In Champions è fermo a Marsiglia dove riuscì a stupire tutti, rivali compresi, stregati da Inzaghi rimesso in piedi dalla musichetta e dalla possibilità concreta di stracciare il record di Gerd Muller. «Viviamo tra alti e bassi» è la conclusione di Leonardo che ha poco di consolatorio, sembra piuttosto una fotografia del presente.
A completare il martedì da brividi del Milan, l’eco dell’intervista di Kakà il quale ha scritto la parola fine sulla storia della sua cessione al Real. «La verità, prima o poi, viene a galla: è stato il Milan a volermi cedere per sistemare il bilancio. Anche i tifosi, quando sono tornato a Milanello, mi hanno applaudito dimostrando di aver capito il motivo per il quale sono andato via» l’estratto più interessante, non una novità in assoluto, l’aveva già confidato la notte della presentazione ufficiale a Madrid.
Il ritardo in campionato è già allarmante, in Champions non c’è tempo da perdere.
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