Pier Silvio Berlusconi non si tira mai indietro quando si parla di calcio e di Milan, in particolare. Non ha incarichi nel cda della società di via Turati, non è l'azionista di riferimento chiamato puntualmente in causa dagli striscioni degli ultrà in agitazione, non ha il vezzo di interferire nel lavoro di un manager o di un allenatore in virtù del cognome che porta, ma conserva intatto il piacere di seguire le vicende calcistiche con passione. Perciò il suo intervento sembra assumere il significato di un massaggio cardiaco praticato al popolo rossonero entrato in fibrillazione dopo la cessione di Kakà al Real Madrid e la scelta strategica di puntare al pareggio di bilancio prim'ancora che a replicare i tanti successi del passato.
Tra qualche ora si radunerà il nuovo Milan senza Ancelotti e Kakà: anche lei, Pier Silvio Berlusconi, è in lutto stretto come la maggioranza dei tifosi del Milan?
«I sentimenti dei tifosi si devono rispettare. Ma io appartengo a una generazione che adorava Marco Van Basten e che si sentì persa quando l'olandese fu costretto a chiudere in largo anticipo una formidabile carriera. Appartengo alla stessa generazione dei milanisti che si sentivano al sicuro per la sola presenza in campo di Franco Baresi e che provarono uno smarrimento quando il capitano celebrò il suo addio con una partita a San Siro. Eppure la strepitosa cavalcata del Milan, cominciata 23 anni fa, non si è esaurita in quelle due occasioni. Altre avventure sono state realizzate, altri successi sono arrivati. Accadrà anche questa volta, ne sono sicuro».
Pensa all’intervento di una bacchetta magica o a qualcosa di altro?
«Penso e spero nel fatto che una nuova squadra si stia affacciando all'orizzonte del calcio italiano. Sarà fatta di giovani che hanno talento e voglia di affermarsi. E col contributo degli altri collaudati campioni, coltivando il senso di appartenenza che è molto forte dalle parti di Milanello, proveranno a voltare pagina e a riprendere il cammino».
Il primo interrogativo da sciogliere è l'allenatore, Leonardo, un debuttante: andrà allo sbaraglio?
«Prendere il posto occupato da Ancelotti non sarebbe stato semplice neanche per il più esperto degli allenatori in circolazione: Carlo ha lasciato in eredità un patrimonio intatto di affetti oltre che di successi. Leonardo ha alcune caratteristiche decisive: è milanista doc, ha lavorato al fianco di Ancelotti conoscendo da vicino le caratteristiche del gruppo, viene dalla trincea del calcio e ne ha una visione brasiliana, ha voglia di misurarsi col nuovo mestiere. Mi fido di lui e soprattutto di chi l'ha scelto».
Nel frattempo la campagna acquisti del Milan segna il passo e la depressione (gli abbonamenti riconfermati sono un numero minuscolo) aumenta...
«Non ho informazioni di primissima mano sull'argomento, leggo i giornali e seguo i notiziari in tv, ma conosco bene le persone che lavorano per il Milan. In passato sono riusciti a stupirci arrivando prima della concorrenza su gente del valore di Kakà e di Pato, non rimarranno a mani vuote neanche questa volta. Il panorama generale, tranne una sola “enigmatica” eccezione, il Real Madrid, non mi sembra molto diverso da quello che si coglie intorno al Milan. Far finta che nell'economia del mondo non sia successo niente durante l'ultimo anno non credo sia una grande trovata né una scelta utile per il futuro delle società di calcio».
Tra i nomi nuovi del Milan che verrà, su chi punta?
«Pato non è più una sorpresa né una scoperta: può solo diventare il Kakà di domani. Sul conto di Thiago Silva ho raccolto molti giudizi positivi da parte di chi lo ha avuto al suo fianco negli ultimi mesi e lo ha visto allenarsi».
A proposito di futuro: da qualche mese continuano a circolare voci sul disinteresse della famiglia Berlusconi nei confronti del Milan, moltiplicate dai boatos sull'intenzione di cedere il club a qualche acquirente straniero. Cosa c'è di vero?
«L'ho detto nei giorni scorsi e lo ripeto: non c'è alcuna interferenza da parte mia nè di mia sorella Marina. E non ho mai sentito parlare di propositi di cessione: come dice Fedele Confalonieri “qui di arabi non c'è traccia”. Sull'argomento credo che per un tifoso del Milan, la permanenza al timone del club di Silvio Berlusconi sia l'unica, effettiva garanzia di futuro stabile e competitivo».
Lei fu tra i primi, in pochi in verità all'epoca, ad esprimere un giudizio non lusinghiero nei confronti di Ronaldinho: è sempre convinto d'aver avuto occhio lungo?
«Avevo formulato un giudizio sulla filosofia legata all'arrivo di Ronaldinho e al ritorno di Shevchenko che non riguardava né la stoffa dei due campioni, né le due persone.
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