Donetsk - È come vivere al fianco di una splendida donna dalla doppia vita: un angelo appena mette il piede fuori di casa, un diavolo se rinchiusa nelle mura domestiche. C’è il rischio di perdere la testa e anche qualcos’altro. Così è il Milan di questi tempi, sempre più bifronte: un disastro a San Siro, una valanga di gol oltre la cinta daziaria di Milano. «Spiace dirlo ma per fortuna giochiamo fuori casa»: l’osservazione di Ancelotti più che un inno al paradosso, è la fotografia del momento indecifrabile dei campioni d’Europa, sbarcati in Ucraina e raggiunti dopo qualche ora dalla notizia della morte di Liedholm.
In suo onore, questa sera, i rossoneri avranno il lutto al braccio: Galliani e Gandini han chiesto al delegato Uefa anche di osservare il minuto di raccoglimento. Se ne va un nobilissimo esponente del calcio mondiale, italiano per affetto e carriera, milanista per vocazione e stile. Chissà come avrebbe chiosato questo Milan dalla doppia vita, scellerata e splendente, che poi in Champions si trasforma ancora e diventa una musica armoniosa nelle sfide domestiche (due successi su due, contro Benefica e Shakhtar) e una stecca incomprensibile all’estero (caduta di Glasgow con annessa sceneggiata di Dida). Ancelotti, che fu uno degli allievi prediletti di Lidas, diventa semplicemente matto. «Proprio non capisco, è tutto strano, molto strano» continua a ripetere. Non c’entra lo stato di forma («non siamo al top ma neanche in ribasso»), la stanchezza affiora in qualche esponente di prima fila (Nesta il più stressato, Pirlo il più spremuto, senza ricambi per l’assenza di Emerson infortunato) ma è l’ansia nel non trovare il gol a divorare il gruppo nelle prove milanesi e a trasformare taluni (Gilardino su tutti).
Perciò nel gelo dell’Ucraina, dove persino Cristiano Lucarelli, riempito di soldi dal magnate Akhmetov, accarezza propositi di ritorno immediato a casa, il Milan rischia l’osso del collo pure in Champions, il suo torneo preferito, dopo aver perso contatto dai primi quattro posti della classifica del campionato. «Lucescu è uno furbo, lo freghi una volta, non due» sostiene Ancelotti e naturalmente si riferisce al film dell’andata, ai due sigilli di Gilardino che permisero ai berlusconiani di dilagare in contropiede e di chiudere con altre due imprese balistiche di Seedorf la serata felice. «Abbiamo commesso errori imperdonabili, non li ripeteremo» è la risposta orgogliosa dal fronte ucraino firmata dallo stesso Lucescu. C’è da aspettarsi una bella e vigorosa carica cui il Milan può rispondere con i soliti noti: tornano in difesa Oddo e Serginho, riprende il suo posto Gattuso a centrocampo, niente di più e di meglio ha da offrire Ancelotti che festeggia 6 anni sulla panchina milanista col bacio pubblico con Galliani e una frase che raccoglie tutto il suo umore: «La storia continua, non durerà all’infinito, ma continua. Certo non mi sarei aspettato di vivere un periodo così, me la prendo ancora».
Da stasera può contare sul sostegno, limitato, di Ronaldo, al debutto ufficiale della nuova stagione (parte dalla panchina). Ronie viaggia in occhiali scuri e con una soffice moquette di capelli neri in testa, sembra uno 007 al seguito ma si capisce al volo che ha una voglia matta di vestirsi da Ronaldo. Detta a microfoni e taccuini i suoi pensieri: «Ricomincio al freddo, non è il massimo ma sono felice lo stesso, finalmente sono tornato un calciatore. Vivere sotto pressione è una costante della mia carriera, mi ci trovo bene. Conosco le mie qualità e so di poter dare ancora molto, ho sostenuto buoni allenamenti e ho superato test atletici importanti.
Per farmi convocare non ho insistito, ha deciso Ancelotti. Devo carcare il gol, trovarlo a tutti i costi ma non sarà facile, farò del mio meglio». Ronaldo è forse l’unico in grado di mettere ordine in questo Milan dalla doppia vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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