Milan, tanta rabbia da mandare in gol

Milan, tanta rabbia da mandare in gol

Fa molto rumore il silenzio del Milan, al ritorno da Firenze. Fa molto rumore quasi quanto il comunicato di uno scudetto fa, emesso dopo Cesena-Milan e i due gol annullati dall'arbitro Russo a Pato, comunicato rimpolpato dai commenti ad alta voce di Adriano Galliani in tribuna. Anche Allegri, disciplinato sulla linea politica del club, s'è lasciato tradire solo dal dispetto a fine partita, prima di rinfoderare frasi polemiche per lasciare alle immagini tv e alla moviola il compito di smentire clamorosamente l'arbitro Mazzoleni e il suo assistente Di Fiore.
Fa molto rumore il silenzio del Milan perché i due rigori negati a Firenze sono stati il seguito (preoccupante a sentire certi commenti in via Turati) di altrettanti episodi registrati contro Napoli (fallo di mano di Paolo Cannavaro) e Cesena (fallaccio su Cassano): uno solo quello fischiato a favore, prima della sosta, contro il Catania. Ed è su questo argomento il retroscena interessante raccontato da Pato nel corso di una lunga intervista concessa a Milanchannel sabato notte. All'arbitro Mazzoleni che, a fine partita, gli ha spiegato di avergli negato il penalty perché aveva colto un eccesso nella caduta in area, il giovin brasiliano ha risposto in modo secco e immediato: «Io non faccio le finte». Continua a fare molto rumore il silenzio del Milan che resiste anche per merito dei risultati del pomeriggio di ieri: un solo successo, scontato, della concorrenza juventina, sconfitta l'Udinese a Parma.
E qui è venuto a galla l'altro tormento del Milan, caduto nella trappola psicologica di sentirsi bello e attraente, un po' narciso insomma. Una conferma indiretta alle censure della critica è arrivata per esempio dal paragone spietato firmato dal neo ds del Palermo Luca Cattani, reduce dai tre schiaffoni presi a Torino (stesso risultato incassato col Milan qualche settimana prima). «La Juve ha una maggiore ferocia» è stato il suo giudizio. Difetto ribadito, indirettamente, anche dall'osservazione di Ambrosini, capitano preferito per la terza volta a Van Bommel spolpato dalle esibizioni nella nazionale orange. «Col Barcellona servirà maggiore concretezza» l'invito rivolto a un po' di sodali che hanno smesso di avere fame, fame di gol. Anche perché avranno di fronte una squadra che invece segna a valanga: 51 reti in 16 partite tra campionato e Champions, 20 del solo Messi, a fronte delle 30 rossonere in 15 match.
Ecco allora il punto su cui Allegri è chiamato a lavorare nelle prossime ore. Pure l'anno scorso, per esempio a Genova contro la Samp, il Milan si lasciò prendere in ostaggio dal suo giocare con lo specchio in mano rimediando alla fine un faticoso pareggio (1 a 1).
Il recupero di Pato può diventare un contributo decisivo a sconfiggere il difetto emerso a Firenze dopo una striscia entusiasmante di gol (18) e di successi (5). Il brasiliano questa volta non si è nascosto dietro il palo centrato nel finale a Firenze né dietro il rimpianto per quel rigore doc negato da Mazzoleni. Ha parlato chiaro, all'arbitro, e al Milan stesso. «Potevo giocare anche prima, mi sono allenato con scrupolo e continuità per non avere altre ricadute in futuro: per due mesi ho lavorato a Milanello con due sedute al giorno, tutti i giorni. Sono stato sfortunato, mercoledì andrà meglio» la sintesi del suo intervento che è una candidatura bella e buona per la notte di Champions col Barca. All'andata fu proprio uno scatto perentorio dei suoi, a infliggere la prima rasoiata sulla carne viva dei campioni d'Europa. Allegri è già alle prese col solito dilemma: scegliere l'affondo di Pato o preferirgli ancora il generoso girovagare di Robinho che ha però una minore disponibilità a infilarsi nei varchi propiziati dai movimenti di Ibrahimovic (ricevute dal presidente viola le scuse del club per i cori razzisti di sabato).
Gli occhi di mezzo mondo saranno puntati su Zlatan che ha deciso di non parlare al fine di non caricare ulteriormente la sfida, che vale solo l'eventuale primato nel girone, di accenti polemici dopo le rivelazioni contenute nel suo libro.

Come partner di Ibra è meglio Pato e non solo perché ha i numeri dalla sua parte (58 gol in 131 presenze): ha sudato per 2 mesi rinforzando le fibre muscolari, è uscito allo scoperto, segno di personalità e di convinzione nei propri mezzi. Per fortuna, tra lui e Robinho, non c'è il rischio di un derby fratricida. E anche se così fosse, la presenza a Milanello tra oggi e mercoledì di Cassano, servirà a far sorridere entrambi.

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