Inutile illudersi: ci faranno a pezzi. E se potranno infierire lo faranno. Non dico sei a zero, ma quasi. Perché sono più forti di noi, molto più forti. Vincono sempre, vincono ovunque, vincono facile. Noi invece siamo l’unica squadra al mondo che gioca con il portiere volante; dei quattro attaccanti che abbiamo uno è troppo vecchio, uno è troppo giovane, uno è scoppiato, l’altro non è mai esploso; regaliamo tre partite sì e una no un pallone sanguinoso agli avversari che undici volte su dieci ce lo infilano e quando ci danno un rigore, cioè quasi mai, quasi sempre lo sbagliamo. Poi non abbiamo la panchina: di solito le nostre riserve guardano la partita in piedi. Da Invincibili, spesso, diventiamo Inguardabili.
Ed è questo che li fa incazzare i cugini. Vincono partite da tre anni di fila e stanno sempre ingrugniti, mentre noi siamo a -50 ed è tutto l’anno che ridiamo. Non si capacitano che una squadra che vale la metà della loro abbia vinto quattro volte di più, che l’Inter più forte di tutti i tempi vinca molto meno di uno dei Milan più lenti di sempre, loro vincono le partite, noi alziamo le coppe. Ma la differenza tra il talento e il genio è proprio qui: è un po’ come se ai tempi di Gullit e Van Basten l’Inter avesse vinto la Champions con Ramarro Pancev e Ciriaco Sforza. Impossible is nothing. Successe anche quando il centenario lo facevamo noi: l’Inter di Ronaldo si comprò Baggio e Pirlo ma lo scudetto lo vinse il Milan di Guglielminpietro, Ziege e N’Gotty, gente che non so nemmeno se sia esistita veramente. Eppure i cugini dovrebbero saperlo: non sempre vince la più forte. L’anno scorso per esempio era la Juventus di Ibra e Viera, ma poi lo scudetto l’ha vinto l’Inter di Kily Gonzales e Martins...
Comunque, diciamocelo, con la squadra che ha l’Inter sono capaci tutti di vincere, compreso l’Albinoleffe. Diamo anche all’Inter il portiere volante, una panchina con Gamarra, Sorondo e Fadigà e lasciamogli il solo Crespo là davanti e vediamo cosa sono capaci di fare. L’Inter oggi stravincerà, come sempre, come al solito.
Massimo M. Veronese
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